Il .22 lr per difesa personale: sì, no, forse?

Da sempre motivo di accesa diatriba tra gli appassionati, l’impiego del .22 long rifle per la difesa personale è sempre più diffuso negli Stati Uniti e presenta estimatori anche nel nostro Paese: pregi, difetti e confronti balistici con gli altri calibri centerfire per pistole tascabili, i criteri per la scelta della cartuccia

Una delle diatribe che più spesso si accendono sui social, tra appassionati, è quella che riguarda l’impiego del .22 long rifle nell’ambito della difesa personale. Come è noto, il .22 long rifle è, oltre che uno dei calibri in assoluto più utilizzati al mondo, anche uno dei calibri più “universali”, visto che viene camerato in pistole semiautomatiche, revolver e carabine a canna rigata, armi con le quali si pratica innanzi tutto il tiro sportivo, ma anche la caccia e, appunto, la difesa personale.

Da sempre, sul tema .22 lr per la difesa personale gli appassionati si dividono nettamente e animatamente tra coloro i quali constatano l’evidente limite in termini di peso di palla ed energia cinetica del calibro, qualificandolo come non idoneo alla difesa personale punto e basta; e chi invece, considerando la disponibilità di armi estremamente compatte e leggere in questo calibro, ne identifica ben precisi pregi. C’è un po’ di ragione per entrambi, cerchiamo di capire insieme come stanno realmente le cose.

Perché il .22 lr per difesa
Con gli attuali standard delle norme Cip (Commissione internazionale permanente per la prova delle armi da fuoco portatili) il .22 long rifle ha una pressione massima di esercizio pari a 1.700 bar, quindi superiore di 500 bar rispetto all’altro grande classico del XX secolo nelle micro-pistole per difesa, cioè il 6,35 mm Browning. Un caricamento standard per il tiro ha palla in piombo di 40 grani e, in canna di carabina, raggiunge intorno ai 320 metri al secondo, con corrispondente energia di circa 13-14 kgm. I caricamenti ad alta velocità (che comunque devono rispettare il medesimo tetto pressorio del .22 lr normale) normalmente utilizzano palle di peso leggermente inferiore, spinte a velocità sensibilmente superiori: per esempio le Remington Viper hanno palla di 36 grs, spinta però a 430 m/sec (in canna manometrica o, comunque, di carabina), con corrispondente energia di 21-22 kgm circa. I valori in gioco sono questi e senz’altro sono modesti, in sé e per sé, non sono tuttavia poi così lontani dai dati energetici di un 9 corto (calibro oggi ritenuto dagli americani il minimo accettabile per armi micro-compatte tascabili) che, in canna manometrica di 250 mm, con palla standard Fmj di 95 grs arriva appena sopra i 27 kgm (dati ufficiali Fiocchi) e risultano pressoché sovrapponibili a quelli del 7,65 Browning (utilizzato per decenni anche in ambito militare), che con palla Fmj di 73 grs eroga, sempre in canna manometrica, neanche 22 kgm di energia. A fronte di una energia pressoché sovrapponibile tra 7,65 e .22 lr, va tuttavia detto che la quantità di moto (massa per velocità), indicativa della inerzia del proiettile, ovvero dell’attitudine del proiettile a conservare il proprio moto (quindi, fatte salve le numerose ulteriori variabili, della sua capacità di penetrare in profondità), risulta superiore quasi del 50 per cento a favore del 7,65 Browning e quasi dell’80 per cento a favore del 9 corto. Va inoltre sottolineato che le velocità che si ottengono con il .22 lr in arma corta sono decisamente inferiori rispetto a quelle dichiarate dalle aziende e, conseguentemente, anche le energie.

Tutto ciò premesso, il .22 long rifle ha numerose frecce al proprio arco: innanzi tutto, è disponibile in armi (semiauto o revolver) dalle dimensioni minimali, che solo in questi ultimi anni sono state avvicinate anche dalle armi in 9 corto e 7,65 mm, spesso tuttavia il piccolo calibro rimfire mantiene, a parità (grosso modo) di dimensioni, un piccolo vantaggio in termini di capacità di fuoco del caricatore (per le semiauto) o del tamburo (per il revolver). In particolare, se si fa riferimento al classico .38 special snub nose con canna di 2 pollici e telaio piccolo, la capacità è normalmente di 5 colpi, laddove invece in .22 lr passa ai rispettabilissimi 8 colpi (capacità che accomuna il Ruger Lcr, lo Smith & Wesson 43C Airlite e il Taurus 942). In semiauto, mettendo a confronto un singolo modello di pistola disponibile sia in .22 lr sia in 9 corto, come può essere per esempio la Ruger Lcp II, si passa dai 6+1 colpi del 9 corto, ai 10+1 della .22 lr.

C’è, poi, un altro fattore non secondario da tenere in considerazione ed è quello della capacità di gestione di un “grosso” calibro come il 9 corto, rispetto al .22 lr: le moderne micro-pistole in 9 corto oggi sono relativamente controllabili grazie al ricorso al fusto polimerico (che assorbe in parte l’energia di rinculo) e alla chiusura geometrica a corto rinculo di canna (che consente di avere un peso inferiore del carrello e una forza meno sostenuta della molla o delle molle di recupero). Tuttavia, le reazioni allo sparo possono risultare secche per chi non abbia un allenamento specifico con le armi (da mantenere nel tempo…), in particolare per quanto riguarda il rilevamento. Da non trascurare anche il fatto che, per soggetti non specificamente addestrati all’uso dell’arma e non dotati di elevata forza fisica (pensiamo magari a una giovane donna), può risultare ostica la resistenza offerta, appunto, dalle molle di recupero di una micro-compact in 9 corto per effettuare lo scarrellamento. Tanto ostica da non riuscire a eseguirla sotto stress. Il problema si evidenzia proprio con le pistole di dimensioni più contenute che, nonostante il ricorso alla chiusura geometrica (mentre per decenni sono sempre state con chiusura a massa), dato il peso ridotto del carrello devono utilizzare una molla di una certa forza. Inoltre, sono proprio le dimensioni dell’arma in sé (fresature di presa del carrello e impugnatura) a rendere difficile la manovra, perché la presa è angusta. Non è un caso che la controparte in .22 lr della Ruger Lcp II sia stata battezzata dall’azienda “lite rack”, evidenziando con ciò il ridotto sforzo necessario per l’armamento del carrello, al quale si abbinano ovviamente e inevitabilmente reazioni ben più gestibili allo sparo. Il che, ovviamente, si traduce in un minor “timore reverenziale” nei confronti dell’arma e agevola il corretto piazzamento del colpo. Non si può, poi, non ricordare che il .22 long rifle, anche nei caricamenti un po’ fuoriserie come quelli ad alta velocità, mantiene un costo di esercizio estremamente contenuto, il che consente teoricamente, a parità di budget, di esercitarsi in modo molto più intensivo rispetto ad altri calibri a percussione centrale come, appunto, il 9 corto.

A fronte di tutti questi pregi, ovviamente sono anche presenti alcuni difetti: il più importante tra questi è intrinseco alla struttura del .22 long rifle ed è quello relativo all’affidabilità teorica, rispetto a un calibro a percussione centrale. In linea di principio, già il sistema di percussione anulare risulta meno affidabile rispetto a quello a percussione centrale, sia sotto il profilo della percussione in sé, sia pensando che, comunque, il fondello sporgente del .22 lr non presenta un profilo squadrato nella superficie anteriore (come può essere un .38 special, se a fondello sporgente, o un 9×21 se a fondello rimless), bensì arrotondato, il che può significare una minor efficacia di presa da parte dell’estrattore nel caso in cui sia necessario scarrellare manualmente per rimediare a una mancata partenza o a un inceppamento (nelle armi semiautomatiche a chiusura a massa, l’estrattore invece non è normalmente necessario per far uscire il bossolo dalla camera dopo lo sparo).

Inoltre, non va dimenticato quale peculiare tipo di proiettile utilizzi il .22 lr: in piombo nudo o tutt’al più ramato, a punta arrotondata o piatta, con la parte fuori dal bossolo di diametro superiore rispetto alla parte immersa nel bossolo e, sovente, ricoperta di grasso, pronta a intercettare qualsiasi tipo di residuo che si trovi in giro. Questa morfologia, va da sé, può determinare problemi nell’impilamento dei colpi nel caricatore e in fase di alimentazione nelle pistole semiautomatiche, specialmente considerando che è pressoché impossibile trovare una pistola capace di funzionare con la medesima, totale affidabilità con la miriade di marche, tipi e profili di palla esistenti nel .22 long rifle.

Quale .22 scegliere?
Dato per assodato che qualcuno abbia condiviso le considerazioni fin qui svolte, relativamente ai pregi del .22 long rifle nel contesto difensivo, e dato per scontato che abbia deciso di acquistare una pistola tascabile in questo calibro o un revolver compatto a canna corta, tanto nel caso in cui siate tra gli ormai pochissimi autorizzati al porto di pistola per difesa personale, quanto nel caso in cui vogliate un’arma di dimensioni minime e grandissima maneggevolezza per la difesa abitativa, si pone il problema della scelta della cartuccia da utilizzare.

Occorre tenere presente, in questo caso, un primo importante fattore, che è quello relativo al fatto che i caricamenti a punta cava, espansivi, venduti principalmente negli Stati Uniti per il Varmint, ovvero la caccia agli animali nocivi come il cane della prateria, non sono idonei all’impiego: innanzi tutto, perché ricadono tra i proiettili vietati dall’articolo 2 della legge 110/75 (una circolare ministeriale fornisce una specifica deroga per il tiro sportivo e la caccia, nei calibri nei quali sia possibile praticarla, resta quindi fuori dalla casistica proprio la difesa personale). C’è, tuttavia, anche una ragione tecnico-balistica per non considerarli idonei: spesso, anzi praticamente sempre, i caricamenti a punta cava per il Varmint sono strutturati in modo da determinare una espansione rapidissima nel selvatico (che è di piccola mole), per garantire un vero effetto “esplosivo” piuttosto che espansivo, con massima efficacia terminale. Chiaramente, se invece di sparare a un roditore di 200 grammi di peso, si prevede di sparare a un bipede sugli 80 chilogrammi e oltre, l’immediata espansione (spesso frantumazione) del proiettile a punta cava in .22 lr determinerà un danno pressoché interamente concentrato sull’area sottocutanea, senza penetrazione in profondità e senza, conseguentemente, attinzione degli organi vitali. Non è un caso che uno dei pochi caricamenti del .22 lr specificamente concepito per la difesa personale, cioè il Punch di Federal (foto sotto), preveda un proiettile ogivale a punta piatta, senza alcun foro apicale, del peso di soli 29 grani, ricoperto da una spessa nichelatura al fine di garantire una durezza superiore al proiettile spinto ad alta velocità. Tra l’altro, stiamo parlando di prestazioni che vengono raggiunte in carabina: con una pistola tascabile con canna lunga 50-60 mm, la velocità reale è talmente contenuta che, spesso, paradossalmente il proiettile a punta cava si comporta come un round nose normalissimo, senza espandersi. In un caso come nell’altro, non c’è alcun vantaggio tattico e, invece, c’è la certezza di vedersi contestare l’eccesso di legittima difesa avendo scelto di utilizzare un proiettile di tipo vietato.

 

La velocità, come accennato, è un altro degli aspetti fondamentali nella scelta del proiettile: non va dimenticato che in una pistola tascabile, con canna lunga 50 o 60 millimetri appunto, le velocità sviluppate sono molto inferiori rispetto a quelle dichiarate ufficialmente dalle aziende. Quindi una cartuccia standard per l’impiego in poligono, con velocità dichiarata di 300-320 metri al secondo, potrebbe facilmente non superare in realtà i 250 metri al secondo, e le famose “supersoniche” o “iperveloci”, raramente in canne di quella lunghezza riescono a essere superiori alla barriera del suono. Quindi, per compensare questo fattore, la scelta corretta dovrebbe focalizzarsi su una cartuccia, appunto, ad alta o altissima velocità, con proiettile ramato oppure ottonato senza punta cava, al quale si riuscirà a far assumere la medesima velocità che assumerebbe un caricamento standard in carabina. Oggi come oggi, alcuni caricamenti del .22 lr concepiti per la difesa (come il già citato Federal Punch, non attualmente disponibile in Italia), sono anche caricati con propellenti ottimizzati per l’impiego in canne corte e cortissime. Non disponendo di tali caricamenti, meglio come già detto orientarsi su una iperveloce, e pazienza se la deviazione standard risulterà molto elevata, tanto le distanze di ingaggio sono comunque minime.

Fatta la scelta su due, tre, quattro tipi di munizione che rispondano a questo criterio, si va in poligono e si testano, in modo possibilmente estensivo, con la propria arma: la logica è quella di verificare l’assoluta affidabilità di funzionamento nel proprio specifico esemplare di pistola o revolver, ma anche la precisione intrinseca che, tanto più a fronte di un rinculo e un rilevamento limitati, deve costituire la ragion d’essere nella scelta di questo calibro, sotto il profilo del piazzamento accurato del colpo nei distretti vitali, se veramente dovesse verificarsi la necessità di difendere la propria vita e fosse necessario arrestare nel più breve tempo possibile l’azione dell’aggressore.