I magistrati indagano sull’attentato in Afghanistan

Le procure italiane, penale e militare, dopo la morte in Afghanistan del caporalmaggiore Alessandro Di Lisio e il ferimento degli altri soldati finiti sotto attacco stanno indagando per decidere se gli equipaggiamenti in dotazione ai nostri militari in missione di pace siano adeguati all’impegno richiesto. Gli stessi generali della Difesa confermano che la “ralla” sul tetto dei blindati Lince (in foto) non offra alcuna protezione al militare in torretta me… [

] Le procure italiane, penale e militare, dopo la morte in Afghanistan del caporalmaggiore Alessandro Di Lisio e il ferimento degli altri soldati finiti sotto attacco stanno indagando per decidere se gli equipaggiamenti in dotazione ai nostri militari in missione di pace siano adeguati all’impegno richiesto. Gli stessi generali della Difesa confermano che la “ralla” sul tetto dei blindati Lince (in foto) non offra alcuna protezione al militare in torretta mentre il mezzo è in movimento. Tra le opzioni, si sta valutando se dotare i Lince di una calotta protettiva per il “rallista” oppure orientarsi su un differente blindato. Anche perché, in vista delle elezioni afghane il prossimo 20 agosto, gli organi di intelligence occidentali sono concordi nel ritenere che il livello di rischio si alzerà ulteriormente. Lo Stato maggiore sta valutando l’impiego del blindato Freccia, con protezione maggiore ma, soprattutto, con strumentazione più sofisticata che consente di mantenere il contatto con gli aerei e con i droni. Il compito dei magistrati, invece, è quello di valutare se, pur in una situazione di guerra come quella che vede coinvolto il contingente italiano, siano stati omessi comportamenti o disposizioni che avrebbero potuto evitare vittime o feriti e di verificare in base a quali criteri siano stati definiti i limiti alle regole di ingaggio.