Detenzione bombe inerti, trionfa il buon senso

Per fortuna, sui quotidiani non vengono pubblicate solo notizie inesatte su armi e munizioni, ma ogni tanto si riesce a trovare anche qualche buona notizia. È il caso del Giornale di Vicenza, che ha pubblicato una notizia relativa all’assoluzione di un appassionato collezionista di bombe della prima guerra mondiale, ovviamente inerti, che altrettanto ovviamente era stato denunciato e processato perché si riteneva possedesse chissà quali micidiali ordigni. Per fortuna… Per fortuna, sui quotidiani non vengono pubblicate solo notizie inesatte su armi e munizioni, ma ogni tanto si riesce a trovare anche qualche buona notizia. È il caso del Giornale di Vicenza, che ha pubblicato una notizia relativa all’assoluzione di un appassionato collezionista di bombe della prima guerra mondiale, ovviamente inerti, che altrettanto ovviamente era stato denunciato e processato perché si riteneva possedesse chissà quali micidiali ordigni. Per fortuna, il giudice ha applicato il normale buon senso prima ancora che la legge, dispiace solo che per arrivare alla soluzione di questo caso lo sfortunato collezionista abbia dovuto penare per anni e passare una notte in prigione (da innocente). Ecco il testo dell’articolo, segnalatoci da un membro del circolo culturale degli Armigeri del Piave: “Esiste, sebbene non sia contemplata dal codice di procedura penale, l’assoluzione con le scuse del tribunale. È quella che ha meritato ieri mattina dopo una fulminea camera di consiglio il recuperante Antonio Storti, 60 anni, di Recoaro, che non solo è finito sotto processo, ma fu anche arrestato dai carabinieri di Valdagno il 26 gennaio 2004. In realtà, come ha riconosciuto il tribunale, bombe a mano, spolette, petardi offensivi e altri residuati bellici della Prima guerra mondiale erano inerti. Inutilizzabili perchè, come ha sottolineato il maresciallo artificiere Rocco Pezzano dell’8° reggimento guastatori dei parà di stanza a Legnago (Vr), mancava la cosiddetta “catena esplosiva”: il detonatore e la carica. Insomma, il cuore mortale di una bomba. Dunque, i residuati sequestrati non sono equiparabili alle armi e possono essere collezionati. Ma non era quello che ripeteva, inascoltato, Storti fin da quando venne rinchiuso in cella, ingiustamente, per una notte che non potrà mai dimenticare? Ma non è finita, perchè dopo avere letto la sentenza e avere ordinato la restituzione del materiale a Storti come chiedeva il suo avvocato Lucio Zarantonello, il presidente della sezione penale Giuseppe Perillo (giudici Giovanni Biondo e Cecilia Carreri) gli ha detto – ricordando un grande film come l’Arpa Birmana tratto dal romanzo di Michio Takeyama che narra le gesta di un soldato giapponese che vuol mantenere vivo il ricordo dei suoi commilitoni morti in Birmania nel ’45 dopo la fine del conflitto – fuori da ogni protocollo giuridico: «Signor Storti, mantenga viva la memoria della Grande guerra sulle nostre montagne perchè un popolo non può fare a meno della sua storia». Una dichiarazione così esplicita, forte e inusuale che Storti, uscendo dall’ aula, era quasi commosso. Soprattutto contento. «Ho vissuto tre anni di incubo, ma adesso sto rivalutando tutto. Si può perdonare – spiega -. Ho passato trentacinque anni della mia vita a recuperare residuati bellici sulle nostre montagne. Gran parti di essi, 1200, li ho donati al Comune di Recoaro per l’ istituzione del museo sulla vita del soldato nella grande guerra. L’assoluzione mi ripaga di tante amarezze». Il suo avvocato Zarantonello valuterà la causa di risarcimento per l’ingiusta detenzione da intentare allo Stato. Intanto, a Storti, resta la grande soddisfazione morale di avere ribadito di essere una persona per bene che quando va – meglio andava perchè ormai non si trova più niente dopo 90 anni – in montagna alla ricerca di residuati bellici, segue una passione sana e lecita. Lo stesso pubblico ministero Vartan Giacomelli, alla luce di ciò che è emerso dal dibattimento, ha chiesto l’assoluzione. Del resto, dopo l’audizione del maresciallo Pezzano che ha passato in rassegna sotto gli occhi attenti del tribunale una decina di reperti, tra cui una bomba a mano tedesca con il famoso manico di legno e altre bombe italiane e austriache, insistendo sull’incapacità offensiva dei residuati, l’esito era scontato. «Il materiale l’ho trovato sulle nostre montagne e quelle del Trentino nel corso di tante escursioni – ha spiegato Storti -. C’è la mia vita in tutto questo, una passione estetica alla quale si aggiunge il gusto della storia e del collezionista. Lo faccio da una vita, signori giudici, ma senza il benchè minimo obiettivo di cercare di assemblarle ai fini di un riutilizzo. A parte il fatto che non sarei neppure capace, ma che motivo avrei? Il mio era solo un fine buono, anche didattico, per spiegare ai giovani la tribolata e drammatica vita della trincea». Quindi Storti ha riferito ai giudici di avere trovato lo stesso materiale oggetto di sequestro in diverse fiere, in cui i residuati inerti sono esposti. «Grazie all’ interesse del Comune di Recoaro – ha aggiunto -, ho donato gran parte del materiale che ho recuperato ed è esposto con finalità storiche. Pensare che per questo ho trascorso una notte in carcere, è davvero buffo. In quell’occasione ho avuto almeno l’ora d’aria».