Cpa sull’influenza aviaria

Massimo Silvani, presidente nazionale di Caccia, pesca e ambiente, ha diramato un comunicato in merito all’influenza aviaria, che riportiamo integralmente:”Ultimamente si è, indubbiamente, intensificato il numero delle riunioni della cosiddetta Task Force Avifauna, composta da rappresentanti dei Ministeri delle Politiche Agricole e della Salute, dal Corpo Forestale dello Stato, dagli Istituti (IZS delle Venezie, I.N.F.S. e Ce.R.M.A.S.), dalle associazioni ambientali… Massimo Silvani, presidente nazionale di Caccia, pesca e ambiente, ha diramato un comunicato in merito all’influenza aviaria, che riportiamo integralmente: “Ultimamente si è, indubbiamente, intensificato il numero delle riunioni della cosiddetta Task Force Avifauna, composta da rappresentanti dei Ministeri delle Politiche Agricole e della Salute, dal Corpo Forestale dello Stato, dagli Istituti (IZS delle Venezie, I.N.F.S. e Ce.R.M.A.S.), dalle associazioni ambientaliste e animaliste e da quelle venatorie, istituita dal Ministero della Salute allo scopo di pianificare delle soluzioni adeguate, all’insorgere di diverse situazioni epidemiologiche. Quando, lo scorso 26 luglio, ci si apprestava ad entrare presso la sede del Ministero della Salute, in Lungotevere Ripa,1, rispondendo all’ultima convocazione che, in ordine di tempo, il Ministero aveva sollecitato alla Task Force, per le eventuali iniziative da intraprendere, certo il mio stato d’animo non era dei più sereni. Nella precedente riunione ci si era duramente confrontati su una proposta ministeriale che prevedeva la sospensione dell’attività per macroareali, significando con questo che, l’insorgere di un eventuale evento nel centro o sud della Francia, avrebbe provocato la chiusura nelle regioni Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria. Alla stessa maniera, una infezione in una regione dell’alto adriatico, avrebbe comportato la immediata chiusura delle regioni Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna…e così via. Appare di tutta evidenza come l’insorgere di un solo focolaio possa essere nella condizione di compromettere una intera stagione venatoria, con tutte le conseguenze, anche e soprattutto di carattere economico derivanti. La riunione, presieduta dal sottosegretario Gianpaolo Patta ha, invece, lasciato intravedere un minimo di disponibilità nel recepire le osservazioni che, anche le Associazioni Venatorie avevano in precedenza fatto pervenire, esprimendo soprattutto contrarietà nei riguardi della chiusura della caccia per macroareali, perché misura più restrittiva rispetto alla normativa comunitaria 2006/415/CE, perché avrebbe fatto venire meno il contributo dei cacciatori sul territorio ai fini del monitoraggio passivo ed anche perché la chiusura di ampie aree non ridurrebbe il rischio di diffusione del virus poiché gli uccelli acquatici si muovono erraticamente. In primo luogo si è concordato sulla necessità di impedire ulteriori strumentalizzazioni, come già tentato da qualcuno, su ciò che appare oramai ampiamente verificato e che cioè il virus dell’influenza aviaria possa rappresentare, nella peggiore delle ipotesi, una minaccia per il nostro patrimonio avicolo e non certo per gli esseri umani. Quindi l’invito alle autorità competenti ad orientare le loro decisioni, non sulla base di spinte emotive, ma solo su dati oggettivi di riscontro, evitando anche di imporre divieti o adottare iniziative difformi da quelle adottate nel resto dell’Unione Europea. Così gli indirizzi scaturiti, confermati anche dalla riunione dell’ Unità di Crisi, sono stati in primo luogo la conferma di una preventiva, capillare sorveglianza sanitaria sull’intera filiera avicola, sia industriale che privata, continuando ad applicare rigide misure di sicurezza soprattutto negli allevamenti, misure che subirebbero un inasprimento in caso di infezione, prevedendo delle zone di protezione, con 3 km. di raggio ed almeno con 21 giorni di durata, ed altre di sorveglianza, con 7 km. di raggio ed almeno 30 giorni di durata. Per la caccia, invece, in caso di focolaio, l’indirizzo è quello di una sospensione in un’area di 10 km., se il rinvenimento dell’animale ammalato avviene in terreno asciutto, in tutta l’area se il ritrovamento avviene in una zona umida. Viene, altresì, autorizzata la possibilità di provvedere ai ripopolamenti, anche con uccelli acquatici di allevamento. L’ unico punto rimasto in sospeso, sul quale il Sottosegretario ha promesso un approfondimento ed una riflessione particolare, è stato quello sull’utilizzo dei richiami vivi, richiesta avanzata, seppure in forma condizionata, da tutte le Associazioni Venatorie, con la sola esclusione dell’Arcicaccia. A conclusione di questa testimonianza, in un moment o così a rischio per l’attività venatoria ed il suo indotto, dove al pericolo potenziale dell’aviaria si somma quello dell’attuale regime di protezione delle SIC e delle ZPS, alla incertezza di utilizzo del regime di deroga, l’invito da rivolgere a tutte le Associazioni Venatorie, sarebbe quello di riuscire a trovare la capacità per superare tutte le divisioni ed, insieme, fare un unico fronte per fronteggiare i comuni nemici”.