Cia e Arcicaccia unite contro i danni degli ungulati

La Confederazione italiana degli agricoltori (Cia) e Arcicaccia hanno iniziato una collaborazione per trovare soluzioni all’annoso problema degli animali selvatici, che devastano i campi coltivati e minacciano gli allevamenti. “È necessario riprendere il dialogo tra il mondo agricolo e quello della caccia”

La Confederazione italiana degli agricoltori (Cia) e Arcicaccia hanno iniziato una collaborazione per trovare soluzioni all’annoso problema degli animali selvatici, che devastano i campi coltivati e minacciano gli allevamenti.

“È necessario riprendere il dialogo tra il mondo agricolo e quello della caccia. Bisogna costruire buone relazioni tra queste due realtà, per proporre assieme nuove indicazioni alle istituzioni, finalizzate a modificare la legislazione in vigore sulla gestione delle specie cacciabili e il loro monitoraggio”. Lo hanno sostenuto durante un incontro presso la sede nazionale della Cia il presidente confederale, Dino Scanavino, e il presidente di Arcicaccia Osvaldo Veneziano.

“Il grave problema dei danni causati dagli animali selvatici in molte zone d’Italia”, hanno detto i leader delle due organizzazioni, “deve essere trattato come una vera emergenza, una situazione da affrontare sia sul piano dei comportamenti sia su quello delle regole”. “Ora”, hanno concluso Scanavino e Veneziano, “istituiremo un tavolo di confronto per elaborare, in tempi rapidi, alcune proposte concrete da sottoporre al legislatore”.

 

In effetti, dal convegno promosso dalla Cia a Firenze sul tema dell’emergenza ungulati (alla presenza del viceministro delle politiche agricole, Andrea Olivero, e dell’assessore all’Agricoltura e foreste della Toscana, Gianni Salvadori) sono emersi dati molto significativi: nella sola Toscana ci sono oltre 400 mila ungulati, con una densità di 20 cinghiali per 100 ettari di territorio, mentre il piano faunistico regionale ne prevede 5. I danni economici sono stimati in almeno 10 milioni di euro. “È come se in Toscana avessimo alberghi e ristoranti per ungulati, l’intera Toscana è un grande allevamento allo stato brado”, ha osservato Salvadori, “ma questo produce danni enormi non solo all’agricoltura ma anche all’ambiente e al paesaggio, per questo dobbiamo intervenire”.