Caso Voghera, il presidente di Assoarmieri: ma quale far west!

Il presidente di Assoarmieri, avvocato Antonio Bana, replica sulle pagine del quotidiano Libero alle affermazioni perlomeno massimaliste e disinformate propalate nei giorni scorsi da alcuni esponenti del Pd, in seguito ai fatti di Voghera. Ecco il suo contributo, riportato integralmente, dall’articolo del collega Massimo Sanvito.

Basta un episodio di cronaca dai contorni un po’ fumosi ed ecco che tornano a cantare le sirene dello “stop alle armi”. Si vuole far passare il messaggio che nel nostro Paese sia in atto una corsa a pistole e fucili. Ma non è affatto così. “Gli operatori del diritto devono saper analizzare le domande dell’opinione pubblica quando si parla di legittima difesa. È necessario conoscere bene la materia e spiegarla”, spiega l’avvocato Antonio Bana, presidente di Assoarmieri e presidente del Centro studi di diritto europeo su Armi e munizioni.

Avvocato, ma davvero viviamo in una sorta di Far West?

“Assolutamente no. Basta leggere i numeri: nel 2002 le licenze per un porto d’armi per difesa personale erano 45.000, oggi siamo a 14.700 per quanto riguarda le armi corte, per le armi lunghe passiamo da 2.000 a 200 circa. Dire che siamo un Paese armato è totalmente falso”.

In questi giorni si parla anche di eccesso di legittima difesa. Quali sono le principali differenze?

“L’eccesso presuppone una situazione in cui, chi si difende, va oltre i limiti. Parliamo di eccesso doloso, ossia quando si approfitta di una aggressione altrui per vendicarsi; di eccesso colposo, quando per esempio spiano la pistola per intimorire un ladro disarmato ma parte un colpo; di eccesso incolpevole, quando voglio sparare alle gambe ma l’aggressore si abbassa e viene colpito al petto. A completezza del quadro, c’è anche la legittima difesa putativa, ossia quando vedo nelle mani di una persona una pistola che poi si rivela essere un giocattolo”.

Qualcuno vorrebbe togliere le armi a tutti…

“Assurdo. Paragonare l’Italia agli Stati Uniti è una follia perché l’iter burocratico per ottenere armi è completamente diverso così come diversi sono i controlli. La legislazione italiana è tra le più severe in Europa per il rilascio delle licenze. Se poi si vogliono diffondere notizie non vere per interessi politici…”.

Quanto perderebbe il settore delle armi dal punto di vista economico?

“Il danno sarebbe importantissimo. Secondo una recente ricerca dell’Università di Urbino “Carlo Bo” la produzione di armi e munizioni in Italia vale 7 miliardi e 293 milioni di euro, cioè lo 0,44 per cento del Pil, con 87.549 occupati nel comparto”.

Quanto conta la cultura delle armi?

“Tantissimo. Noi trattiamo armi, non salumi. Il mio direttore di tiro in polizia mi diceva sempre che quando si tira fuori un’arma è perché siamo costretti a usarla. Non è uno scherzo”.