Conarmi si scaglia contro la denuncia delle repliche avancarica

Il Consorzio degli armaioli italiani (Conarmi) ha pubblicato un comunicato nel quale fa alcune considerazioni sull’attuale progetto di revisione “disarmista” delle direttive europee in materia di armi. Cosa ha detto?

Il Consorzio degli armaioli italiani (Conarmi) ha pubblicato un comunicato nel quale fa alcune considerazioni sull’attuale progetto di revisione “disarmista” delle direttive europee in materia di armi.

 

Non sa nulla; e pensa di sapere tutto. Ciò indica chiaramente una propensione per la carriera politica. (George Bernard Shaw). Questa è la storia di una commissione, considerata competente in una data materia e deputata a legiferare in rappresentanza di un popolo. Immaginate però che la nostra protagonista, nel momento culmine della sua storia, sia stata in grado di dimostrarsi incompetente e attirare il malcontento di quanti, nella materia stessa, ci lavorano.

Questa che vi raccontiamo è la storia della Proposta di modifica alla Direttiva 477/91 sul controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi. E siate ben pronti, lettori, ad una narrazione tragicomica.

 

La revisione alla Direttiva 477/91 aveva, o così ci era stato detto, tre obiettivi assolutamente nobili e prioritari: guerra al terrorismo, controllo del traffico illecito di armi, contenimento della criminalità.

 

Ci è difficile non essere sarcastici, oggi. C’è rimasta (quasi letteralmente) solo quest’arma. Oggi, dopo mesi di riunioni, discussioni e incontri con specialisti e sentite le impressioni di alcuni “saggi”, tutta Europa tira un sospiro di sollievo. Già, perché ora che la Commissione ha votato favorevolmente (tra gli altri vari colpi di genio) all’introduzione delle riproduzioni di armi antiche ad avancarica nella giurisdizione della Direttiva, ci sentiamo già tutti più al sicuro… O no?

 

D’altronde, i nostri peggiori incubi, erano da tempo infestati da un nefando personaggio, dalla peggiore delle canaglie, da un nuovo tipo di cattivo delle fiabe. Si tratta della temibile figura, dipinta con le pennellate dei tecnici dell’Europa, del terrorista al soldo dell’Isis, che imbraccia una replica di moschetto ad avancarica, come non se ne vedevano dalla Battaglia di Waterloo. Terribile, non è vero?

 

Andiamo oltre, però, e che i lettori stiano bene attenti! Al di là degli scherzi (e davvero c’è poco da scherzare) ciò che la Commissione avrebbe deciso è che le riproduzioni di armi antiche, ovvero copie di modelli antecedenti al 1890, siano fatte rientrate nella nascitura nuova Direttiva, diventino soggette a dichiarazione, e siano considerate della stessa categoria delle moderne armi a cartuccia (Categoria C). Questo contrariamente ai loro originali, cioè le armi di cui le repliche sono l’esatta trasposizione!

 

Va ricordato, per i lettori più distratti o appassionati di armi dalle fattezze più contemporanee, che prima del 1890, venivano costruite sia armi ad avancarica che a retrocarica e che in entrambi i casi si trattava di armi che nulla hanno a che vedere con le armi moderne, tantomeno con il terrorismo.

 

È il caso comunque di precisare che quelle ad avancarica, con funzionamento a pietra focaia o percussione, sono quelle prodotte tra l’inizio del 1600 e fino al 1869 (caricate dalla volata, come ci mostra il bel Leonardo Di Caprio in “The revenant”). Quelle a retrocarica sono invece caricate dalla parte posteriore della canna, con cartuccia, come le armi che tutti conosciamo, e sono state prodotte dopo il 1870.

 

Le prime, ad avancarica, siano esse originali, riproduzioni (o repliche, definizione che cambia da Paese a Paese), sono di libera vendita in molti Paesi europei e del mondo, essendo considerate (finora e giustamente) prive di obiettiva pericolosità sociale.

Le seconde, sempre riproduzioni (o repliche), sono sempre state soggette alla Direttiva e di conseguenza ad acquisto con regolare Porto d’armi o con specifico permesso di acquisto, secondo le singole normative nazionali.

 

Ora, invece, si sottoporranno alla Direttiva, e pertanto a dichiarazione, anche queste riproduzioni ad avancarica a pietra focaia o percussione, lasciando però fuori (e quindi in libera vendita) le armi antiche, sia ad avancarica sia a retrocarica, di cui le repliche sono la copia identica, sia nel funzionamento sia nei materiali, sia nella tecnologia costruttiva.

 

Una domanda: il terrorismo, il traffico illecito di armi e la criminalità possono mai essere combattuti, tra le altre cose, limitando la circolazione delle riproduzioni di armi storiche ad avancarica? Qualcuno riesce ad immaginare che un terrorista possa compiere una strage senza essere fermato da chi di dovere, nel tempo che passa tra una ricarica e l’altra della sua riproduzione ad avancarica monocolpo, magari a pietra focaia?

 

Quello che però, sorprendentemente, risulta ancora più sconcertante è la motivazione alla base di questa modifica. “Laddove gli Stati membri abbiano una legge che regoli le armi antiche, queste non saranno soggette alla Direttiva. Le riproduzioni di armi antiche, invece, non hanno la medesima importanza storica e potrebbero essere prodotte utilizzando moderne tecnologie che ne aumentino la durata e la precisione. Quindi, queste riproduzioni, dovrebbero essere assoggettate alla Direttiva e alle sue disposizioni”.

 

Chiaro? Non ci si preoccupa dell’oggetto in quanto tale, ma delle tecnologie con le quali è stato costruito. Che è un po’ come dire che una carrozza tirata da cavalli realizzata nel 2017, non è in realtà una carrozza, bensì un mezzo di locomozione assimilabile in tutto e per tutto a un’automobile, anche se ha i cavalli sono legati davanti al cocchiere, anziché essere dentro il cofano, in quanto costruita con moderni metodi.

 

Ma purtroppo non finisce qui: il documento che lo scorso 26 gennaio è stato accolto con 25 voti favorevoli, solo 9 contrari e 2 astensioni, pur essendo ridimensionato e migliorato rispetto alle sue prime versioni, continua a seguire la direzione sbagliata. Perché non lasciare ai singoli Stati, specie quelli come l’Italia, che già eseguono controlli periodici, il potere di stabilire tempistiche e requisiti per l’ottenimento e rinnovo del Porto d’armi? Perché rallentare ulteriormente la macchina burocratica e mettere i produttori nell’impossibilità logistica di gestire la marcatura di tutte le parti essenziali d’arma, rendendo difficili anche i controlli delle istituzioni e, di fatto, senza dare nessun significativo contributo extra alla tracciabilità? Perché trattare un certo tipo di armi civili alla stregua di armi “proibite”, senza motivo e con conseguente danno a certe discipline di tiro? Perché danneggiare i legali possessori, cittadini integerrimi, gli operatori e dipendenti del comparto armiero, gli utilizzatori, con la scusa di colpire chi invece non rispetterà le nuove leggi come non rispettava le vecchie? È di ieri la notizia di cronaca che vede coinvolti tre italiani nel traffico internazionale di armi, attività illegale che era uno degli spunti principali per la revisione stessa della Direttiva 477/91. Ma di che armi si tratta? Si è forse visto, nelle immagini legate al sequestro, anche solo un fucile da caccia italiano? Un semiautomatico italiano? Un qualche tipo di riproduzione di arma antica? Assolutamente no, tanto è vero che si legge di “fucili d’assalto e materiale "dual use" di produzione straniera”.

Ecco il momento del morale della favola, a voi lettori l’ardua sentenza. Alla fine di questi mesi di lavoro intenso, di impegno per far sentire la nostra voce, espressione di una categoria, quella dei produttori, dei detentori e degli operatori del settore, da sempre sottoposta a rigidi controlli ai quali sottostiamo con piacere per amore della Pubblica Sicurezza e rispetto assoluto delle leggi, restiamo con tutta una serie di domande senza risposta. Soprattutto, perché non hanno lasciato ai singoli stati l’opportunità di legiferare su materie che loro, “tecnici” e “saggi”, depositari della verità, non conoscono ma millantano di conoscere? Perché i tecnici della Commissione non hanno fatto ciò che sono pagati per fare, ovvero essere competenti?”.