Winchester Sxr Vulcan calibro .30-06

Vai alla galleria delle fotoPuò essere migliorata una carabina come la Browning Bar? Difficile, molto difficile. Stiamo parlando di un’arma rustica, ma che ha saputo col tempo affinarsi nelle linee, tradizionale nella meccanica, ma capace di adeguarsi all’avvento dei nuovi calibri short action, una carabina affidabile che ha conquistato sul campo la fiducia di tanti cacciatori. Di cinghiale, ovviamente. Ma che cosa c’entra la Bar, se stiamo parlando … [

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] Può essere migliorata una carabina come la Browning Bar? Difficile, molto difficile. Stiamo parlando di un’arma rustica, ma che ha saputo col tempo affinarsi nelle linee, tradizionale nella meccanica, ma capace di adeguarsi all’ avvento dei nuovi calibri short action, una carabina affidabile che ha conquistato sul campo la fiducia di tanti cacciatori. Di cinghiale, ovviamente. Ma che cosa c’entra la Bar, se stiamo parlando di una nuova semiautomatica marcata Winchester? A Herstal, in Belgio, al quartier generale della Fn-Browning, devono aver pensato che se migliorare la Bar era operazione complessa, assai meno difficile sarebbe stato prendere il meglio della Bar, cioè la parte meccanica, e trasferirla in un’arma praticamente nuova. A partire dalla marca: la Sxr Vulcan (Super X rifle), infatti, è una Winchester, un nome che fa sempre un certo effetto, anche se in questo settore è al debutto, e che è destinato a diventare il marchio del grande gruppo belga per il segmento medio delle armi sportive e da caccia. L’idea non fa una piega: progettare una nuova carabina che non sia in concorrenza con la stessa Bar e che, anzi, sappia occupare una fascia di mercato completamente nuova: quella dei semiautomatici a canna rigata low cost. L’operazione non è stata una semplice opera di “copia incolla”: la progettazione, curata dall’ingegner Alain Botty, e l’ industrializzazione della Sxr Vulcan hanno comportato un investimento di quasi due anni di lavoro. In Italia, dopo la presentazione avvenuta a Exa 2006, l’ attesa di armieri e cacciatori è salita moltissimo, anche perché i gravi ritardi di catalogazione da parte della commissione consultiva centrale del ministero dell’Interno hanno fatto slittare la commercializzazione di parecchi mesi. Alla Bwmi di Marcheno (Bs), filiale in Italia del gruppo Browning, la lista degli ordinativi in attesa è già parecchio lunga. Alcuni dei particolari che differenziano la Sxr Vulcan dalla Bar sono evidenti già a prima vista: la tacca di mira, per esempio, non ha niente a che vedere con quella della Browning. È un semplice blocchetto fissato da due viti Allen alla canna, all’ altezza della camera di scoppio, non è regolabile né in altezza né in derivazione e per la collimazione con il mirino è stata dipinta, non in modo raffinatissimo, una linea bianca, che inizia nella parte ascendente (quella posteriore) e percorre per tutta la sua lunghezza la tacca. L’acquisizione è abbastanza istintiva (ma la tacca della Bar è migliore), anche se nel corso della nostra prova abbiamo prevalentemente sparato con il cannocchiale Optalens 1-4×26 con reticolo illuminato, in un abbinamento classico per la caccia al cinghiale. L’altro particolare riguarda la meccanica: per semplificare, e contenere i costi, è stata eliminata la leva esterna dell’hold open, cioè la leva che sblocca il carrello otturatore quando resta in apertura. Il cacciatore non può più, quindi, inserire un caricatore carico e mandare in chiusura l’ otturatore, camerando la munizione, tramite l’abbassamento della leva posta nella parte anteriore del lato destro del castello. L’operazione da compiere nella Vulcan è inserire il caricatore carico, arretrare di qualche millimetro l’ otturatore e lasciar scorrere in avanti per ricamerare il nuovo colpo. Si può pure, dopo aver tolto il caricatore, mandare in chiusura l’arma per scarrellare con decisione soltanto dopo aver inserito un caricatore pieno, ma il consiglio che diamo, per non perdere di vista la sicurezza nel maneggio, è quello di lasciare l’arma in apertura, fino al momento in cui non si è pronti a far fuoco. Diciamo che la mancanza della leva di sblocco rende il maneggio un po’ meno istintivo, ma il cacciatore un po’ più esperto ne può fare tranquillamente a meno. La canna, ovviamente, ha mantenuto la rigatura a quattro principi e lo stesso passo di 1/10” come si addice al calibro .30-06 (ma è lo stesso anche per il .270 Wsm e il .300 Winchester magnum), mentre è stato modificato il profilo, che ha comportato anche la necessità di apportare un aggiornamento al sistema di presa di gas nel punto di ancoraggio. A garanzia delle qualità balistiche, la produzione per rotomartellatura made in Fn-Herstal, vale a dire la Casa madre che produce le canne sia per le Bar sia per tutti i fucili a canna liscia Browning. Interessante la lunghezza scelta per la Sxr Vulcan: 530 millimetri non sono mai stati adottati per le Bar, le cui canne variano dai 510, sulla stragrande maggioranza delle versioni, ai 550 della Acier Battue e della Light Affut e ai 600 della Acier Affut. Una ventina di millimetri in più rispetto alla Long trac, per esempio, non sono male, perché sono avvertibili in minima parte nella fase di brandeggio della carabina, ma, allo stesso tempo, possono andare a incidere positivamente sulle prestazioni balistiche, in particolare nei due calibri magnum (.270 Wsm e .300 Winchester magnum), le cui poderose cariche di lancio avrebbero bisogno di adeguate lunghezze di canna per esprimere al massimo tutto il loro potenziale. Novità anche per quanto riguarda il sistema di presa di gas: il progetto resta praticamente uguale a quello della Bar, ma la lunga molla che riporta in chiusura l’otturatore dopo la corsa retrograda è a spirali piatte e non tonde. Ma la variante più interessante riguarda il “fine corsa” del pistone della presa di gas: quando è stato esploso un colpo, una parte dei gas in canna vengono convogliati, tramite un foro, nella camera di espansione (posta sotto alla canna). Il pistone viene, così, spinto all’indietro e termina la sua lunga corsa retrograda nella parte anteriore del castello: qui, è stato sostituito il blocchetto in acciaio con uno in materiale polimerico, una sorta di buffer, che svolge la funzione di attutire l’urto. Due gli obiettivi dei progettisti: far diminuire lo stress, e quindi allungare la vita operativa, a cui sono sottoposte le parti meccaniche nella fase di sparo di calibri piuttosto impegnativi e trasferire una parte dei benefici anche al cacciatore: l’abbattimento delle vibrazioni non è percepibile in maniera evidente, ma c’è. “Tagli alla spesa” anche nella produzione della calciatura, ma, come vedremo nella parte dedicata alla prova di tiro, non abbiamo riscontrato effetti negativi sulla gestibilità della Vulcan. Il disegno dell’astina è assai semplificato rispetto alla Bar Long trac e sui lati sono stati eliminati i “canali” per migliorare la presa. In compenso, la zigrinatura nella pancia dell’astina non sarà un esempio di fine lavorazione artigianale, ma si è dimostrata efficace. Il calcio non presenta particolari disegni, è liscio su entrambi i lati della pala, mentre sulla pistola, meno accentuata rispetto alla Bar, c’è una zigrinatura che riprende il disegno di quella presente sull’astina. Il calcio non segue il profilo del castello, costruito in lega leggera, da cui, invece, partono due “orecchie” che si incastrano nell’ invito ricavato nel legno della pistola del calcio. In questo modo, non è possibile inserire alcun tipo di spessore per la variazione della piega e del vantaggio che, in questi ultimi anni, sempre più spesso fanno da corredo alla dotazione di serie di molti fucili destinati alla caccia. Quello che resta identico alla Bar è la cosa che, da sola, vale più di tutte le modifiche, vale a dire il corpo otturatore con testina rotante e sette alette di chiusura. Abbinato al sistema a presa di gas nel suo complesso, lo possiamo definire il marchio di fabbrica che da quarant’anni fa funzionare egregiamente queste carabine. Tanto è vero che una delle cose che più spesso si sente affermare a un cacciatore di cinghiale è che le Bar non si inceppa mai. Ecco, la Vulcan non dovrebbe incepparsi mai. E nel corso della nostro prova non è mai successo. Anche il castello della Vulcan è in lega leggera, soluzione che aiuta a contenere i pesi in termini accettabili (3.100 grammi senz’ottica). Anche i caricatori sono praticamente gli stessi: quelli per il .270 e il .300 Winchester Short action magnum e il .300 Winchester magnum sono quelli della Long trac, mentre quello per il .30-06 ha subito qualche piccola modifica all’ elevatore per garantire regolarità nel ciclo di alimentazione. Per i caricatori della Vulcan, i progettisti sono stati costretti a fare versioni diverse, in base al Paese di destinazione dell’arma, adeguandosi alle normative: in Francia, per esempio, sono obbligatori quelli basculanti e vincolati al castello, in Spagna possono contenere al massimo due colpi, mentre in Italia sono amovibili o, come specificato sul catalogo Detachable block magazine (Dbm). In Italia, la catalogazione prevede una capienza massima di tre colpi più uno per i calibri .270 Wsm e .300 Win mag, mentre per il .30-06 si arriva a quattro colpi nel caricatore più uno direttamente in camera di scoppio. Nonostante il marchio Winchester, non cambia neppure il collaudato percorso seguito da fucili a canna liscia e dai semiautomatici a canna rigata del gruppo Browning: produzione delle componenti nelle fabbriche in Belgio, assemblaggio in Portogallo. E così è anche per la Sxr Vulcan. La nostra prova l’abbiamo condotta sulle linee del poligono di Gardone Val Trompia. Abbiamo installato sulla Vulcan un cannocchiale Optalens 1-4×26 con reticolo illuminabile, non un’ ottica da sbizzarrirsi in tiri a lunga distanza, ma l’ideale per il cacciatore di cinghiale. Con l’arma così configurata, abbiamo cominciato con colpi a 50 metri, alcuni anche a distanza inferiore, sparando da in piedi, giusto il tempo per mettere i primi colpi nella carta e poter tarare l’ottica. La Vulcan nuda pesa, circa, 3.100 grammi, circa 100 in meno della Bar Long trac, ma nella configurazione della prova, con ottica e attacchi, il peso saliva fino a sfiorare i 4.000 grammi. La sensazione immediata è di sparare con un’arma non sgarbata, in quella che è la posizione classica in cui viene a trovarsi più spesso un “cinghialaio” (in piedi), mentre, inevitabilmente, quando siamo passati ai 150 metri, sparando da seduti in appoggio sul solo rest anteriore, i colpi sulla spalla e l’impennamento della volata sono stati subito avvertibili. Dopo i primi colpi, abbiamo verificato che la taratura fatta a 50 metri portava i colpi a impattare ancora alti a 150, ma non ci siamo preoccupati dei “dieci” sui bersagli, visto che a noi interessava verificare la precisione e non la giustezza dell’arma. Abbiamo provato con quattro caricamenti commerciali e una ricarica: molto tranquilla come prestazioni (con velocità media al di sotto dei 700 m/sec) non ha fornito i risultati che ci aspettavamo. La sopresa positiva, invece, è venuta dalle Brenneke Tog: velocità elevate ed energie superiori a 380 chilogrammetri. Ma la Sxr Vulcan non si è scomposta. In conclusione, le sensazioni che ci ha trasmesso la nuova Winchester sono state davvero positive: pochi sacrifici estetici e qualche adeguamento meccanico non hanno per nulla inficiato l’affidabilità di una carabina che inaugura una nuova strada. [

] L’articolo completo, con molte più foto, lo trovate su Armi e Tiro di novembre 2006. [

] Produttore: Browning international sa, parc industriel des Hauts Sarts, 3e avenue 25, B-4040 Herstal, Belgio, tel. 00.32.42.40.52.11, fax 00.32.42.40.52.12, www.browningint.com Agente principale per l’Italia: Bwmi, fax 03.08.96.02.36, www.browning.com, bwmi@bwmi.it Modello: Sxr Vulcan Tipo: carabina semiautomatica Calibro: .30-06 Springfield (disponibile anche in .270 e .300 Winchester short action magnum e .300 Winchester magnum) Funzionamento: a recupero di gas, con testina rotante a sette tenoni Alimentazione: serbatoio bifilare amovibile Numero colpi: 4 (3 per i calibri .270 Wsm e .300 Win mag) Canna: lunghezza 530 mm per tutti i calibri; passo di 1/10” Percussione: cane interno Estrattore: a unghia in testa all’otturatore Espulsore: fisso a puntone Mire: tacca di mira fissa; mirino regolabile in altezza e derivazione Scatto: diretto, peso di sgancio non regolabile Peso: 3.100 grammi, circa (3.993 l’esemplare della prova con ottica e attacchi) Lunghezza totale: 1.000 mm Materiali: canna in acciaio, fusto in lega leggera Finitura: meccanica e fusto bruniti semi opachi Numero del catalogo nazionale: 15.726 il calibro .30-06 Springfield; 15.727 il calibro .270 Wsm; 15.728 il calibro .300 Win mag; 15.729 il calibro .300 Wsm (armi da caccia) Prezzo: 925 euro, circa, Iva inclusa; 550 euro, circa, il cannocchiale Optalens 1-4×26 Mre (reticolo illuminato), Iva inclusa