Smith & Wesson 500-6,5″ calibro .500 S&W

È il più elegante della serie 500 di Smith & Wesson, grazie alla canna di 6,5 pollici con carenatura corta per l’estrattore

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Da quando, nell’ormai lontano 2003, si è affacciato sul mercato il nuovo telaio “X” di Smith & Wesson, appositamente progettato per la poderosa cartuccia .500 Smith & Wesson (ma utilizzato anche con l’altrettanto cattiva .460 S&W), sono stati sviluppati numerosi modelli di revolver, destinati al tiro sportivo, alla caccia e alla difesa dagli animali feroci (come il grizzly dell’Alaska). Al di là dell’utilità pratica più o meno reale per i potenziali acquirenti, il fatto che lo Smith & Wesson 500, nelle sue varie declinazioni, sia il revolver di grande serie più potente al momento disponibile sul mercato, lo ha ovviamente fatto diventare un oggetto di culto, come fu a suo tempo il modello 29 della stessa azienda in .44 magnum (reso immortale dai film dell’ispettore Callahan). I modelli attualmente nel catalogo dell’azienda sono ben 7 (senza considerare gli allestimenti speciali del Performance center), e vanno dallo snub nose (passateci il termine…) con canna di 4 pollici (standard o in edizione speciale Big rock sports exclusive con tamburo non scanalato e finitura peculiare), fino alla portaerei con canna di 10,5 pollici. In mezzo a questo “bengodi”, abbiamo scelto di provare per voi, in questa occasione, un allestimento atipico nel catalogo aziendale, cioè l’unica versione del “cannone” di Springfield ispirato, nelle soluzioni estetiche e nell’equilibrio delle forme, ai grandi classici del passato, primo fra tutti, appunto, il modello 29 di “Dirty Harry”.

 

La meccanica

La struttura portante è ovviamente immutata, cioè quel telaio “X” concepito da Smith & Wesson per gestire una cartuccia come il .500 S&W (ma anche il .460 S&W) che, oltre al diametro importante, ha anche (anzi, soprattutto) una lunghezza totale impossibile da gestire con i telai convenzionali (anche quelli idonei al .454 Casull, come il Ruger Super Redhawk). Fatte salve le proporzioni, la concezione meccanica è, però, imparentata con il progetto tradizionale di Smith & Wesson e prevede, quindi, una cartella laterale per l’accesso alla meccanica, un cane esterno con scatto ad Azione mista facoltativa, una molla principale (quella del cane) a lamina e una molla di ritorno del grilletto separata e a spirale, guidata da un’apposita slitta orizzontale che supporta anche l’astina della sicura automatica. Questo dispositivo, come è noto, ha un funzionamento per così dire opposto rispetto alla transfer bar utilizzata da Ruger e Taurus, nel senso che si interpone tra il cane e il percussore impedendo qualsiasi contatto tra i due elementi anche in caso di urti o cadute di forte entità, per “levarsi di mezzo”, sollevandosi fino a coincidere con una apposita sede nel cane, solo quando il grilletto è completamente e volontariamente premuto. Rilasciando il grilletto, dopo lo sparo, la slitta porta molla di ritorno scorre e con un apposito dente sporgente costringe il cane a ristaccarsi di circa 2 millimetri dal percussore vero e proprio (a grano inserito nel fusto, dotato di propria molla di recupero) e fa nuovamente scorrere l’astina della sicura automatica tra i due elementi, ripristinando la “sorveglianza speciale”. Una seconda sicura, ad attivazione manuale, è comandata da un’apposita chiavetta (tipo quella delle manette) che si inserisce in una “toppa” al di sopra del cursore di apertura del tamburo, impedendo l’apertura del cilindro e l’armamento del cane. Quando la sicura manuale è attivata, si solleva una apposita piastrina tra il lato sinistro del cane e il telaio, per mettere sull’avviso il tiratore. Questa è una misura ritenuta obbligatoria in alcuni Stati americani, da noi è abbastanza inutile nella misura in cui è molto più importante provvedere a una adeguata custodia dell’arma per impedirne l’agevole impossessamento da parte di minori o persone non autorizzate.

Il tamburo ha una capacità di 5 colpi, è dotato di unghiature anteriori di alleggerimento ed è basculante sul lato sinistro per il caricamento. Il vincolo con il telaio è determinato dal classico pistoncino a molla che protrude dal centro della dentiera di rotazione, inserendosi in una sede al centro dello scudo di rinculo, e da una sferetta caricata a molla presente nella parte anteriore inferiore del telaio, che impegna il giogo. In effetti, una chiusura anteriore di tipo tradizionale, cioè posta all’estremità anteriore dell’astina di espulsione dei bossoli, avrebbe comportato eccessive flessioni considerando una massa così rilevante del tamburo, per annullare le quali sarebbe stato necessario surdimensionare l’astina medesima fino a diametri incompatibili con il normale concetto di “portabilità” dell’arma. Data la situazione, invece, l’astina di espulsione è sottile e snella (che non significa debole), con il surdimensionamento della sola testina (zigrinata) per agevolare la manovra. Spingendola all’indietro, l’astina fa protrudere la stella di rotazione del tamburo che provvede allo scollamento e all’espulsione dei cinque bossoli, per poi scattare nuovamente a posto spinta da una molla.

 

Il pezzo forte

La canna è il pezzo forte, l’elemento che condiziona di più esteticamente questo modello: a dire il vero, parlare genericamente di canna non è corretto, perché in realtà ciò che sporge dalla parte anteriore del telaio è un sistema complesso, costituito da più elementi. Partendo dall’interno, c’è ovviamente la canna vera e propria, cilindrica, avvitata al telaio. Sulla canna si investe la “camicia” esterna, bloccata in posizione per mezzo di una boccola filettata, che porta nella parte inferiore la carenatura per l’astina dell’espulsore, di tipo corto (non full lug, quindi), nella parte superiore la bindella, la rampa del mirino e il sistema di compensazione del rinculo. Quest’ultimo è costituito da due serie di tre fori, che fanno capolino dai due lati della rampa, e a cui corrispondono altrettanti fori ricavati nella superficie degli ultimi centimetri di canna. La cosa curiosa è che la canna vera e propria, in realtà, porta sull’intera circonferenza dell’ultima porzione, vicino alla volata, ben otto serie di tre fori. In sostanza, la canna viene forata prima, poi viene avvitata nel telaio, quindi si applica il manicotto, i cui fori esterni di compensazione coincideranno con due delle otto file di fori presenti sulla canna. Evidentemente, a dispetto delle apparenze, è la soluzione più semplice dal punto di vista costruttivo…

 

 

 

Gli organi di mira sono costituiti dal classico mirino a lama, di colore nero, con inserto centrale in plastica di colore rosso vivo, a cui fa riscontro l’altrettanto classica (parliamo sempre della tradizione Smith & Wesson) tacca di mira regolabile micrometricamente in altezza e derivazione con foglietta a “U” contornata da un sottile profilo bianco. Il mirino è fissato alla rampa, solidale al manicotto copricanna, per mezzo di due spine, il che la dice lunga sulle sollecitazioni che questo povero componente deve trovarsi a sopportare! Rimuovendo il supporto della tacca di mira, è possibile scoprire i fori filettati che consentono l’installazione di eventuali ottiche a lunga focale, per chi abbia voglia di tirare veramente “in lungo” (e le caratteristiche balistiche del calibro invogliano, eccome, a farlo).

Per quanto riguarda lo scatto, la Doppia azione è piuttosto sostenuta ma lo sforzo richiesto è costante lungo tutta la corsa, con uno sgancio abbastanza netto e poco o nullo collasso di retroscatto. La Singola azione è in un solo tempo, corta e netta, con peso di sgancio rilevato di 2.300 grammi.

Dopo il confronto a tu per tu con la versione con canna di 8 pollici e tre ottavi full lug con compensatore di volata a tre luci (Armi e Tiro, aprile 2013), eravamo curiosi di “assaggiare” una canna di lunghezza inferiore, tra l’altro ulteriormente alleggerita dalla carenatura corta per l’estrattore. Malgrado il diametro del manicotto copricanna in volata sia tutt’altro che trascurabile (22,2 mm), la differenza tra le due versioni è decisamente “pesante” (passateci il termine) sulla bilancia, visto che si parla di 335 grammi, tutti concentrati nella metà anteriore. Da un punto di vista pratico, questo significa che l’arma in prova ha una minore inerzia nell’andare in puntamento, richiede un minor sforzo muscolare per rimanerci e consente una maggior velocità di brandeggio, nell’eventualità in cui si ravvisi la necessità o semplicemente la voglia di ingaggiare bersagli multipli. Fermo restando che, visto che non è una .22 lr, doppiare il colpo in velocità è pressoché impossibile! E d’altro canto, i 335 grammi in meno “in punta” sono 335 grammi in meno di contrasto al rilevamento. Si trattava, a questo punto, di capire se questo aspetto fosse o meno determinante, in altre parole se avremmo concluso la sessione di tiro a farci ricucire la faccia al pronto soccorso dopo avervi estratto il mirino, oppure no…

 

Si comincia a sparare

Il primo contatto con l’arma è positivo: il tamburo ha sempre una lunghezza sconfinata, ma la canna “light” di 6,5 pollici dona al complesso un equilibrio estetico notevole. Non si può affermare che si possa scambiare questo revolver per un 29 o 629 (che resta il metro di paragone in fatto di eleganza quando si parla di grossi calibri), tuttavia si può quasi arrivare a dire che vi sia una certa grazia nell’assetto globale. L’impugnatura, vestita con guancetta monopezzo Hogue Monogrip, è ben sfruttabile anche da parte di chi non abbia mani da gigante, in quanto per precisa previsione aziendale si è scelto di adottare per questa parte le proporzioni dei telai “K” e “L”, anziché quelle del telaio “N” o superiore. Di conseguenza, si riesce ad afferrarla molto saldamente e questo è determinante per domare la bestia.

Abbiamo eseguito alcuni movimenti di salita in punteria e ridiscesa con l’arma a 45 gradi, riscontrando effettivamente una maggior familiarità rispetto alla 8 pollici e tre ottavi full lug. Per avere un riscontro il più possibile obiettivo, abbiamo scelto le medesime cartucce della volta precedente, cioè Magtech Sjsp di 400 grani. Il cane ha una cresta non larghissima, quanto piuttosto leggermente allungata all’indietro, che consente una ottima presa al pollice per l’armamento in Singola azione. Il grilletto è ampio, arcuato e liscio, più adatto al tiro in Doppia ma ben sfruttabile anche nel tiro mirato. Ok, tutto è compiuto, non resta che aumentare gradualmente la pressione sul grilletto fino al magico “kaboom!”. Il botto è poderoso, come l’altra volta, il rilevamento è repentino, ma si riesce a controllarlo impedendo che l’arma ruoti oltre i 45 gradi verso l’alto. Il calcio che si riceve sul palmo della mano è rabbioso, ma è concentrato sulla parte centrale e non si riscontra quella trazione all’anulare e al mignolo che ricordavamo con l’altro modello. Completamente mutato il comportamento in termini di fiammata: quasi assente allora, un vero lanciafiamme in questo caso, con la possibilità di distinguere nettamente tra la vampata di bocca e gli sfiati superiori. Veramente coreografica! Sarà stata l’eccitazione, sarà stato anche che non era la prima volta che ci misuravamo con il .500, sta di fatto che siamo riusciti a completare una scatola di cartucce di fila (20 cartucce, mica 50, che vi credete?). Una volta finita la scatola, abbiamo giudicato saggio astenerci da ulteriori tentativi, e l’indolenzimento al palmo della mano ci ha abbandonati, con calma, due giorni dopo!

 

 

Scheda tecnica

Produttore: Smith & Wesson, www.smith-wesson.com

Distributore: Bignami spa, via Lahn 1, 39040 Ora (Bz), tel. 0471.80.30.00, fax 0471.81.08.99, www.bignami.it

Modello: 500 – 6,5”

Tipo: revolver

Calibro: .500 S&W magnum

Funzionamento: a rotazione

Alimentazione: tamburo basculante sul lato sinistro

Numero colpi: 5

Canna: lunga 6,5 pollici (165 mm), con fodero esterno che funge da supporto per il mirino e carenatura dell’espulsore e 6 fori di compensazione

Lunghezza totale: 327 mm

Scatto: Singola e Doppia azione

Percussione: cane esterno con percussore a grano riportato nel fusto

Sicura: automatica sulla slitta del grilletto, manuale a chiavistello di sicurezza contro l’uso da parte di non autorizzati

Mire: mirino a lama con inserto in plastica colorata, tacca di mira regolabile in altezza e derivazione, predisposizione per il montaggio di ottiche di puntamento a lunga focale

Materiali: acciaio inox, impugnatura in gomma

Finiture: satinatura opaca

Peso: 1.720 grammi

Prezzo: 1.965 euro, Iva inclusa