Prova distruttiva Walther P99

Nel corso degli anni, si è vista comparire un’ampia documentazione relativa a test estremi condotti con le pistole polimeriche Glock. Ritenendo che l’ultima nata di casa Walther non sia da meno, abbiamo deciso di metterne “alla frusta” un esemplare in 9×21. Lo scopo dei nostri test è di verificare il comportamento dell’arma in situazioni “estreme”, ma compatibili con un uso di servizio. Un breve ripassoRicordiamo, brevemente, l’impostazione meccanica … [

] Nel corso degli anni, si è vista comparire un’ampia documentazione relativa a test estremi condotti con le pistole polimeriche Glock. Ritenendo che l’ultima nata di casa Walther non sia da meno, abbiamo deciso di metterne “alla frusta” un esemplare in 9×21. Lo scopo dei nostri test è di verificare il comportamento dell’arma in situazioni “estreme”, ma compatibili con un uso di servizio. Un breve ripasso Ricordiamo, brevemente, l’impostazione meccanica della P99. Si tratta di una pistola semiautomatica con fusto polimerico, chiusura geometrica a corto rinculo sistema Browning modificato e caricatore bifilare di 16 colpi in calibro 9 mm. La Walther ha voluto racchiudere nella sua arma di punta numerose particolarità, volte alla massima sicurezza di utilizzo. È stata volutamente tralasciata la classica leva della sicura facoltativa, definita dai tecnici “passiva” e potenziale fonte di rischio. La definizione di “passiva” è data dal fatto che l’operatore, inserendola, tende a disinteressarsi del reale stato dell’arma demandando tutto alla funzione meccanica, distraendosi e diventando potenzialmente pericoloso per sé e per gli altri. La fonte di rischio è data dal possibile inserimento involontario (o dimenticanza): in caso di necessità, sotto stress, l’operatore può trovarsi con un’arma non funzionante per un lasso di tempo che può rivelarsi critico. I tecnici tedeschi, che utilizzarono la leva sia sulla famosa P38 sia sulla famiglia Pp/Ppk, forti di oltre cinquant’ anni di segnalazioni in questo senso, hanno deciso di optare per un differente sistema. Sono presenti sia l’avvisatore di colpo in canna (appare un cursore rosso a fianco dell’estrattore) sia di percussore armato. Il codolo di quest’ ultimo è verniciato in rosso (chiaramente visibile di giorno) e sporge dalla parte posteriore del carrello, in modo da essere controllabile anche al buio. Nella polimerica tedesca troviamo, oltre alla diffusa sicura al percussore, un innovativo sistema di scatto ad Azione mista. Scarrellando, infatti, si nota che il grilletto ritorna nella posizione “tutta avanti”: si tratta della sicura “antistress”: la corsa normale della Singola azione è, mediamente di cinque millimetri. Un utente sotto stress, scarrellando e tenendo il dito sul grilletto (comportamento errato ma molto, troppo frequente) può, in presenza di un improvviso rumore o di un brusco movimento, far partire involontariamente il colpo. In posizione “antistress”, la corsa a vuoto del grilletto della Walther è di 14 mm, ben all’interno della soglia di sicurezza. Per tiri in cui sia necessaria la massima precisione, come al poligono, basta arretrare delicatamente il grilletto sino all’ingaggio del dentino di ritenzione: il grilletto rimane in posizione arretrata, con solo 5 mm di corsa, esattamente come una convenzionale Singola azione. Volendo sfruttare le potenzialità della Doppia azione basta premere, dopo aver armato la pistola, il pulsante rettangolare posto sul dorso del carrello. Il percussore viene accompagnato in posizione di riposo e l’arma può sparare agendo sulla Doppia azione. Dopo aver esploso il primo colpo, il grilletto rimane in posizione arretrata, comportandosi come una qualsiasi semiautomatica ad Azione mista. Anche l’ergonomia è innovativa: tre dorsalini intercambiabili, in dotazione di serie, di differenti misure per meglio adattarsi alle dimensioni delle mani del proprietario. Il dorsalino è mantenuto in posizione da una spina elastica (che funge anche da portacorreggiolo) posta nella parte inferiore dell’impugnatura. Basta agire con uno strumento appuntito sulla spina, sfilarla, sostituire il dorsale, reinserire la spina passando, così, da un’arma dall’impugnatura molto ridotta, perfetta per una mano femminile, a una pistola adatta a “riempire” le mani di un colosso. Il tutto in una decina di secondi. Nell’ottica di un responsabile di reparto è un sogno in ambito gestionale: poter utilizzare la stessa linea di armi sia per il personale maschile sia femminile, dando in dotazione la configurazione che meglio si adatta loro fisicamente (ricordiamo, infatti, che il personale femminile della polizia italiana ha in dotazione la versione monofilare della Beretta 92, più sottile). Nell’ambito della maggior personalizzazione possibile, l’arma è dotata di tacca di mira regolabile in deriva e 4 mirini di varie altezze. Prova pratica Abbiamo cercato di realizzare alcuni test aventi attinenza pratica con l’ utilizzo da parte di operatori di corpi di polizia municipale o istituti di vigilanza. L’arma in utilizzo, matricola 100810, è di proprietà personale di Marco Boraschi, presente per conto dell’importatore, Bignami di Ora (Bz). L’ arma non è nuova, è stata utilizzata per le prove di adozione da parte di due corpi di polizia municipale a cui è rimasta in uso per alcuni mesi, ha sparato varie migliaia di colpi ed è in ottimo stato generale. Le prove a fuoco si sono svolte in parte presso il nostro centro prove e in parte nella cava di allenamento di Andrea Gavazzeni, tiratore Fitds, che ci ha ospitati e ha collaborato attivamente. Durante ogni singola fase del test abbiamo sparato un intero caricatore, ovvero la dotazione abituale di un operatore di sicurezza. La prima simulazione ha ricreato le condizioni di un operatore motociclista che, dopo essere stato esposto a una fine pioggerellina invernale, si trova a dover percorrere un tratto in moto con la temperatura esterna che, a causa della velocità, scende di parecchi gradi sotto lo zero. In caso di necessità come si comporterà l’arma? L’arma viene irrorata con acqua nebulizzata e posta per un’ora in un freezer. Risultato: l’arma, ricoperta da un leggero strato di brina, pur risultando molto fredda al tatto, ha funzionato senza alcuna esitazione, sparando l’intero caricatore. Per verificare il comportamento dei materiali al freddo estremo, abbiamo immerso completamente l’arma nell’acqua e l’abbiamo lasciata per 24 ore a 18° sotto zero. Ovviamente, nel momento di massimo congelamento l’arma era paragonabile a un blocco di ghiaccio, totalmente solida. Ad avvenuto scongelamento, non abbiamo verificato alcuna variazione né a livello dimensionale né strutturale e abbiamo effettuato un’ ulteriore prova a fuoco senza alcuna incertezza di funzionamento. Agenti atmosferici Come predire l’aggressione degli agenti atmosferici nel corso della lunga vita operativa di un’arma? L’arma è stata immersa per una settimana in un contenitore pieno di acqua marina. Per un maggior effetto scenografico l’ abbiamo, in seguito, immersa in un acquario marino del centro acquari di Parma. In entrambi i casi l’arma, estratta dall’acqua salata, è stata risciacquata in acqua corrente e leggermente lubrificata. Risultato: tracce di ruggine sulla vite di regolazione della tacca di mira micrometrica. Null’altro. Impressionante notare le caratteristiche antiossidanti del trattamento di nitrurazione Tenifer impiegato dalla Walther (già utilizzato anche sulle Glock). Il test successivo ha simulato la seguente situazione: l’operatore estrae l’arma d’ordinanza e, a seguito di una ipotetica colluttazione, la pistola cade in una profonda pozzanghera. Abbiamo immerso la P99, carica, in una pozzanghera. Risultato: l’arma, durante il ciclo di funzionamento, ha espulso acqua e fanghiglia entrate durante l’immersione, ma ha funzionato egregiamente. Nelle operazioni di scaricamento si avvertiva chiaramente la presenza di particelle estranee nelle guide e nella meccanica. Non l’abbiamo pulita. Altra ipotesi: l’arma, sempre carica, cade di mano a un operatore intervenuto su una spiaggia. A causa della caduta l’arma si ritrova completamente sepolta nella sabbia. La nostra P99, quindi, è stata ricoperta di sabbia da cava, estratta e sommariamente scossa. Risultato: Andrea Gavazzeni scarica un intero caricatore a piena velocità contro una sagoma posta a una decina di metri. Al termine della sessione, il carrello non rimane in posizione arretrata. Il ciclo di funzionamento resta, comunque, rapido e sicuro.Gli sguardi dei presenti, dopo tutto ciò, hanno cominciato a essere abbastanza increduli per le prestazioni offerte dalla semiautomatica “sotto tortura”. Senza nessun accenno di pulizia, dopo i test sinora effettuati, l’arma è stata nuovamente caricata e preparata per la prova successiva. Trattandosi di valutazione in impiego operativo l’arma è stata sempre sottoposta alle prove in condizione di massima prontezza, ossia con il colpo in canna e sparando il primo colpo in Doppia azione. La prova successiva prevede la seguente situazione: la Walther dell’operatore, in un ambiente rurale, finisce in un fosso. La P99 è stata lanciata in un fossato fangoso. Risultato: il tiratore, forse per evitare di inzaccherarsi troppo, ha iniziato il test utilizzando solo la mano debole e lasciando il braccio flesso. Al quarto colpo il carrello, molto frenato dal fango, ha rifiutato di completare il ciclo. Per correttezza è stato chiesto al tester di proseguire la serie utilizzando una presa a due mani. L’arma funziona regolarmente per i 13 colpi rimanenti. Al termine di questa prima parte di test effettuati all’aperto abbiamo lubrificato l’arma internamente, senza pulirla, e abbiamo sparato un centinaio di colpi allo scopo di verificare se la precisione avesse risentito dei maltrattamenti subiti. Nessun malfunzionamento. Rientrati in redazione abbiamo semplicemente lavato la P99 con acqua corrente. I maltrattamenti continuano. La Walther P99 è stata anche investita con la macchina (due volte) e buttata dal quarto piano. Traffico cittadino L’arma cade in ambiente urbano e viene calpestata da un’auto di passaggio. È sempre sicura? Abbiamo visto, negli anni scorsi, foto di pistole calpestate da fuoristrada e camion, ma sempre su terra battuta. Abbiamo, quindi, deciso di calpestare, sulla pavimentazione in cemento del Centro prove della casa editrice, la P99 con entrambe le ruote di una Peugeot 406 Coupé. In questo caso l’arma è scarica, con il caricatore inserito. Abbiamo preferito comportarci in questo modo per verificare accuratamente le eventuali variazioni dimensionali prima di permettere al tester la prova a fuoco. Pensavamo che almeno la leva dell’hold open avrebbe risentito dei maltrattamenti. Nulla da fare! non si è nemmeno graffiata. Ma di cos’è fatta? Kryptonite? Ma veniamo alla prova più definitiva. La simulazione ha ricreato le condizioni di un’arma carica, con colpo in canna, che cade dalla fondina di un agente motociclista in movimento. Può avvenire uno sparo accidentale? Sapendo che la sicura al percussore è strutturata per resistere a cadute accidentali abbiamo voluto eccedere. Abbiamo lanciato l’arma dalla finestra della redazione, sul sottostante pavimento della rampa del parcheggio sotterraneo. Un volo di quattro piani. Come è finita? Ve lo diciamo su Armi e Tiro di settembre 2001!