Per non dimenticare

Un gruppo di paracadutisti milanesi ha ricordato con una semplice cerimonia i morti e i feriti della tragica battaglia al check point Pasta a Mogadiscio, nel 1993 Una rappresentanza di paracadutisti milanesi si è ritrovata al cippo dedicato ai caduti militari italiani nelle operazioni di pace, eretto nei giardini del Verziere, accanto alla basilica di San Bernardino, per commemorare i fratelli d’arma caduti o restati feriti anche gravemente in quello che i più conoscono come i fatti del check point Pasta, avvenuti il 2 luglio 1993 in Somalia, Paese in cui l’esercito italiano era impegnato nell’operazione Canguro 11. Dopo un breve discorso sugli avvenimenti all’epoca accaduti, è stata letta la lettera inviata dall’allora tenente Gianfranco Paglia, insignito di medaglia d’oro e che resterà paralizzato alle gambe per le ferite riportate, e del parà Massimiliano Zaniolo, medaglia di bronzo, che ha voluto passare questo 25° anniversario con la famiglia del parà Pasquale Baccaro, mortogli accanto in quell’evento. Ma che cosa avvenne quel giorno di 25 anni addietro? Le prime notizie diffuse dal telegiornale Rai delle venti parlarono di scontri con alcuni feriti tra reparti italiani impegnati nell’operazione Onu Ibis (più conosciuta come Restore hope) e miliziani somali, nei pressi di un ex pastificio a Mogadiscio. Il bilancio sarà più grave: 3 morti e 36 feriti nel primo scontro armato che vide coinvolti militari italiani di leva. Quella mattina, il rastrellamento in atto portò al ritrovamento di ingenti quantitativi di armi e munizioni. Quando l’operazione sembrava conclusa e la colonna principale era in fase di rientro, una moltitudine di civili, in prevalenza donne e bambini, che facevano da scudo a miliziani armati, iniziò una nutrita sassaiola, mentre cecchini iniziarono a sparare sui soldati italiani e le autoblindo furono colpite da numerosi colpi di Rpg e immobilizzate. Le regole d’ingaggio autorizzavano soltanto l’impiego di armamento leggero e mentre il comando americano rifiutava di inviare rinforzi (i rapporti non erano idilliaci data la diversa visione di approccio) passarono ore prima che da Roma arrivasse il via all’impiego di armi pesanti sia dei carri M60 sia degli elicotteri Mangusta e AB-250. Poco dopo le 17, l’operazione si concluse, ma da quel momento in Italia si aprì il dibattito sull’impiego dei militari di leva in operazioni belliche. (Marco Fiorenti)