Le armi secondo l’Espresso

L’Espresso ancora e sempre antiarmi nel fascicolo di ferragosto. Sarà il caldo oppure la mancanza di argomenti scandalistici? Comunque sia, la tecnica “giornalistica” è sempre la stessa: nessuna distinzione sull’utilizzo delle armi, fonti di parte, teorie suffragate da nessun dato scientifico. Questo il leit motiv: “Ogni anno nel pianeta vengono prodotti molti più fucili e pistole di quanti ne vengono distrutti. Ma sempre più Paesi scelgono norme più severe. E il concetto di virilità sta cambiando
Non sappiamo se il concetto di virilità stia cambiando. Ma di certo non possiamo fidarci degli articoli di Daniele Castellani Perelli e di Antonio Carlucci i quali condiscono il solito minestrone di sensazionalismo sulle armi, commissionato non sappiamo da chi. Forse dal magnate antiarmi George Soros? Fatto sta che ci raccontano di un ventisettenne di Osaka arrestato per aver costruito 5 modelli di pistola in plastica con una stampante 3D. Il Giappone è uno dei Paesi più severi nel controllo delle armi. All'opposto degli Stati Uniti, naturalmente. Il pezzo è tutto incentrato sull'intervista a Rebecca Peters, per anni direttrice della ong International Action Network on Small Arms (Iansa), di cui è ancora tra i portavoce e oggi impegnata in Guatemala nel progetto Surviving Gun Violence. L'attivista riferisce che in tutto il mondo le leggi sulle armi stanno diventando più restrittive. «È il risultato di un movimento internazionale che si è fatto sentire sia a livello Onu sia a quello regionale». Conferma da Ginevra da Small Arms Survey, centro studi indipendente che però ancora non capisce bene la distinzione tra armi "leggere" e "civili".  
Peters, che per cinque anni guidò la campagna per la riforma in Australia, sostiene che la legge di quel Paese può indicare meglio di altre la via agli Stati Uniti. L’altro modello, per lei, è il Brasile, dove ci sono state campagne di riacquisto e distruzione. 
Tutti parlano e scrivono, ma non sono capaci di distinguere: tra armi di polizia, militari e civili, quelle lecite e quelle di provenienza illecita. Quelle per le discipline sportive o per la caccia e quelle per difesa. L'importante, per questi studi e per queste organizzazioni che saranno pur sovvenzionate da qualcuno, è citare numeri complessivi e sollevare polveroni.
«Con le fabbriche mondiali che sfornano milioni di nuovi modelli ogni anno, e con un numero di armi decisamente inferiore che viene invece distrutto, il possesso da parte dei civili è probabile che stia crescendo», spiegano da Small Arms Survey. Per Un Comtrade, il commercio mondiale di armi "leggere" è quasi duplicato tra il 2001 e il 2011, da 2.380 a 4.634 miliardi. Secondo la Peters il numero di armi cresce, «ma solo a beneficio di un piccolo settore della popolazione, che si sta creando dei veri arsenali».
L'America come baluardo per i diritti dei cittadini armati rappresenta un problema per gli antiarmi. Lo spiega Carlucci: "È una cultura che si rifiuta di tenere conto che siamo nel Ventunesimo secolo, che l’America è uno Stato federale che ha creato le strutture per la sicurezza collettiva, e ci riporta indietro al Diciottesimo secolo, quando gruppi di coloni irlandesi e inglesi cominciarono a muoversi dai monti Appalachian in direzione sud e ovest, e le armi erano necessarie come le vanghe per dissodare il terreno o i cavalli per spostarsi. Così, ogni idea di controllo, regolamentazione, proibizione non solo delle armi per il tiro a segno o la caccia, ma anche le repliche di strumenti adatti alla guerra, viene vissuta da centinaia di migliaia di americani come una violazione dei diritti costituzionali e una privazione della libertà personale". 
E, naturalmente, non guasta una "bella" retrospettiva sugli omicidi di massa compiuti con le armi e una citazione sulla volontà di Obama di introdurre limitazioni dopo l'ultimo in ordine di tempo, alla scuola Sandy Hook nel Connecticut. Proprio quella volontà ha prodotto acquisti di grandi quantitativi di armi e munizioni negli ultimi anni, a scopo preventivo. Tuttavia, ancora non ha prodotto leggi e la recente vicenda degli scontri nel Missouri originati dall'uccisione per sbaglio da parte della polizia di un diciottenne di colore, non aiuterà di certo a far sentire i cittadini più sicuri. La sola legge anti armi made in Usa dell’ultimo trentennio resta quella del 1994 di Bill Clinton che bandì la possibilità di possedere armi semiautomatiche da guerra ed è scaduta dieci anni dopo. Uno dei senatori che l'avevano promossa, James "Jim" Brady, finito su una sedia a rotelle a causa del ferimento subito durante l'attentato a Ronald Reagan nel 1981, è morto proprio in questi giorni.