L’intervista di Obama e l’occasione perduta

Il presidente Barack Obama ha sperato di trovare appoggio per la sua azione esecutiva contro le armi in una trasmissione condotta dall’anchorman della Cnn Anderson Cooper, ma è mancato il vero confronto con l’avversario più temibile: la Nra

In occasione del quinto anniversario del tentativo di assassinio della deputata democratica dell’Arizona, Gabrielle Gilfords, che proprio a Tucson ha lasciato sul terreno ben 13 feriti e 6 vittime, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama il 7 gennaio scorso ha partecipato a un talk show aperto al pubblico (denominato “Town hall” dall’emittente Cnn) con la speranza di trovare appoggio e tranquillizzare i propri concittadini sulle proprie proposte politiche di maggiore controllo delle armi e per smentire le voci “complottistiche” che vedono nelle stesse il primo passo per poi passare alla confisca di massa. Questi timori sono basati anche sulle sue aperte dichiarazioni favorevoli alle politiche restrittive in atto in Australia. Il tentativo di ottenere l’appoggio dell’opinione pubblica si è reso palese perché il presidente non ha esitato a tirare frecciate al Congresso, accusando i senatori di essere più interessati a preoccuparsi del sostegno per le elezioni e a “impedire” al Center for disease control di svolgere studi e ricerche approfondite sulla diffusione delle armi e i loro effetti negli Stati Uniti, che di appoggiare ragionevoli, ma impopolari riforme.

Il presidente Obama, che sta facendo di questa campagna il cavallo di battaglia di chiusura del proprio mandato toccando uno degli argomenti più delicati in America ovvero il secondo emendamento, è riuscito a dividere non solo il proprio partito, ma gli americani tutti che, in base a un sondaggio Cnn/Orc, sono per il 48% a favore e il 51% contro l’introduzione di nuove misure restrittive.

Nonostante la trasmissione sia stata condotta in diretta da un pluripremiato anchorman della Cnn Anderson Cooper in veste di moderatore, è mancato il vero confronto con l’avversario più temibile: la lobby più importante per la difesa del “diritto alle armi dei cittadini” la Nra (National rifle association) che il 6 gennaio ha declinato la partecipazione attraverso il suo portavoce, Andrew Arulanandam: ”la Nra non vede ragione di partecipare a uno spettacolo di relazioni pubbliche orchestrato dalla Casa bianca”.

Questa presa di posizione ha avuto due effetti: ha permesso a Obama di attaccare la Nra dicendo che evidentemente non era preparata a confrontarsi con un “presidente”, e non ha consentito un vero confronto in quanto gli interlocutori selezionati non hanno a nostro avviso presentato e sostenuto argomenti chiave. Tra questi: uno sceriffo, un prete, una vittima di violenza sessuale e il fratello di un ragazzo ucciso a soli 18 anni.

Due questioni interessanti che non hanno ricevuto adeguate risposte dal presidente: Taya la vedova di Chrys Kyle, noto “American sniper”, ha ricordato la riduzione delle azioni legali su reati commessi con armi a livello federale scesa al 40%; Kris Jackob, vice presidente della American firearms retailers association, ha ricordato il fatto che sotto la presidenza Obama vi è stato un taglio per motivi di budget degli agenti della Atf (Bureau of Alcohol tobacco firearms and explosives).

Obama che non ha prestato servizio militare, non ha mai posseduto un arma e ha vissuto la propria gioventù alle Hawaii, Stato americano non certo tra i più armati o di tradizioni di caccia, non sembra essere ovviamente la persona più esperta a parlare di armi, ma le proposte che ha esposto nell’intervista non sembrano tutte insensate, anche perché da noi sono già in essere da tempo. La discriminante sostanziale è che negli Stati Uniti la registrazione sulla compravendita delle armi non solo non è omogeneamente regolata, ma è anche di recente introduzione, essendoci ancora migliaia di armi che passano di mano in mano via vendite on line o tramite i cosiddetti “gun shows” ove vi sono vendite dirette tra privati (nota che comunque solo l’1% delle armi utilizzate nei reati proviene da questa fonte).

Quindi il concetto di una estensione dei cosiddetti “background check" (verifica dei precedenti criminali) anche in questo ambito da parte dei piccoli commercianti privati, una maggiore cultura e responsabilizzazione dei possessori di armi e del sistema scolastico. L’idea invece di rendere le transazioni economicamente più onerose e di sviluppare le tecnologie per le smart gun utilizzabili solo dal proprio proprietario, per esempio tramite micro chip eccetera, sono più discutibili. Quest’ultimo sviluppo tecnologico a detta di Obama stesso è stato boicottato dalla Nra e altre lobby di produttori.

Il dibattito, quindi, è stato abbastanza piatto lasciando a Obama la possibilità di presentarsi come il portatore di “semplici e ragionevoli proposte”.

Il vero confronto, quando e se ci sarà, è ora legato alla risposta della Nra. Il 14 gennaio il vice presidente Wayne LaPierre ci è andato decisamente pesante soprattutto nei confronti del presidente stesso definito: ”un ipocrita, celebrità narcisistica, disonesta, dal crescente numero di fallimenti che ha deciso di aggredire quello che comprende di meno dell’ America, il secondo emendamento…”. Lapierre ha lanciato il guanto della sfida “a challenge for the president” con la richiesta di un dibattito faccia a faccia. Vedremo se verrà accettata. Intanto potete trovarla qui.

Rimane il fatto, come emerso nel dibattito, che questi sette anni di mandato di Obama non hanno visto l’introduzione di particolari restrizioni, ma invece un incremento nelle vendite delle armi e una riduzione dei crimini. Lo stesso Obama si è definito, grazie alla paura per le sue possibili politiche, un ottimo promotore per la vendita di armi.

Potete vedere o leggere la trascrizione della l’intervista ai seguenti link: https://www.youtube.com/watch?v=9HrBR_kXIHwhttp://edition.cnn.com/2016/01/07/politics/transcript-obama-town-hall-guns-in-america/. (Roberto Patrignani)