No, Bubbico, non ci siamo

Il viceministro dell’Interno risponde sulla legge antiterrorismo. E non ci convince per niente. C’è pregiudizio e un pizzico di furberia e incompetenza… Soprattutto traspare la volontà di rendere meno “agevole” Il Porto di Tiro a volo.

La legge antiterrorismo colpisce tanto i diritti dei cittadini sportivi e cacciatori “armati”. E si capisce bene che al ministero questo lo apprezzano e proprio non vogliono capire semplici questioni di logica. Se ci sono o ci fanno, sono comunque inqualificabili. Leggete l’intervista al viceministro Filippo Bubbico: l’ho chiesta il 12 aprile, mi hanno chiesto domande scritte il 14, ricevo le risposte un paio di giorni fa, fuori tempo massimo per uscire sulla rivista, con risposte accorpate alle mie dodici domande, senza prenderne in considerazione gli elementi più “politici”. Senza contare che non vengono neppure prese in considerazione tre domande: “1. Ci risulta che, assecondando le sue competenze, lei abbia rappresentato ministro e governo nella "difesa" del pacchetto dl 7/2015 alla camera e al senato senza accettare alcun emendamento che non provenisse dal governo stesso. Numerose forze dell'opposizione hanno giudicato "illiberale" tale provvedimento in alcuni suoi principi, anticostituzionali e passibili di infrazione presso l’Unione europea: cosa dice in proposito?

2. Anche senatori del governo, come Luciano Rossi (ncd) che è anche presidente di una importante federazione del tiro, hanno manifestato più di una perplessità, formalizzate anche in un ordine del giorno che è stato addirittura respinto. Non ha valutato che meritassero attenzione queste considerazioni, provenendo da un senatore competente?

3. Gli emendamenti del governo al dl 7/2015, sono effettivamente “ esigenza” politica o recepiscono genuine “aspirazioni” degli uffici?”.

Mi sembra chiaro che non è Bubbico che risponde, ma qualche suo tirapiedi, anche poco competente. A giudicare dal linguaggio, qualcuno della divisione armi o dell’ufficio legale.

In ogni caso, ecco le domande con la numerazione originaria, le risposte di Bubbico e il necessario commento, perché se qualcuno la pensa veramente così, sarebbe opportuno che si facesse un serio esame di coscienza…

4. L’articolo 3 del dl 7/2015 imporrà ai cittadini di denunciare i caricatori che il decreto legislativo 204/2010 esclude dalle parti d’arma (recependo la direttiva 2008/51/CE, che modifica la direttiva 91/477/CE). Non ritiene che sia un evidente limite alla libera concorrenza commerciale, che contraddice lo spirito della norma comunitaria tra l’altro recepita solo recentemente, e impone agli uffici periferici un aggravio di lavoro che non ha poi così rilevanza ai fini della sicurezza pubblica?

5. Che senso ha limitare i caricatori quando sono (molto) limitate le cartucce detenibili ed esiste una precisa registrazione delle armi detenibili? Tra l’altro appena recentemente (dl 121/2013) è stata limitata anche la capacità dei caricatori.

«L’obbligo di denuncia dei caricatori ad elevata capacità rappresenta il naturale completamento della disciplina introdotta dal decreto legislativo del 29 settembre 2013, n.121, che modificando l’articolo 2 della legge n.110 del 1975 ha reintrodotto i limiti al volume di fuoco delle armi ad uso civile operativi fino all’abolizione del Catalogo delle armi.

La reintroduzione dell’obbligo di denuncia per i soli caricatori con capienza massima superiore a 5 colpi per le armi lunghe e 15 per quelle corte, si ricollega alla particolare insidiosità e pericolosità di tali armi.

Peraltro, il nostro Paese è stato sottoposto a procedura Eu-Pilot 4634/13/ENVI in relazione alla formulazione dell’articolo 13, comma 1, della legge 11 febbraio 1992, n.157, che è stato ritenuto non conforme alle norme comunitarie sulla tutela della fauna in quanto non prevedeva espressamente che i caricatori dei fucili semiautomatici non dovessero contenere più di due cartucce. Per evitare una procedura di infrazione l’articolo 13 citato è stato modificato. Posto tale principio di carattere generale, si è ritenuto di consentire un’eccezione per le armi da impiegare per specifiche discipline sportive riconosciute dal Coni per le quali siano previsti caricatori con capacità di colpi maggiore e per poter monitorare coloro che si approvvigionino di tali caricatori si è ritenuta opportuna la previsione della denuncia.

Non c’è alcuna lesione al principio di libera concorrenza commerciale per due ordini di motivi: si tratta di un obbligo posto a carico dei privati detentori laddove gli operatori commerciali sono espressamente esonerati. Inoltre tale disposizione si applica ai caricatori venduti sia da operatori nazionali che unionali non determinando quindi alcuna distorsione. Si tratta di norma posta a tutela dell’ordine e sicurezza pubblica e quindi pacificamente ammessa dall’ordinamento unionale e dalla direttiva 477/91CEE. ( Ogni Stato membro ha le sue prescrizioni ad es. in Francia è autorizzato il possesso di soli 10 caricatori)».

È di tutta evidenza che il ministero dell’Interno non ha gradito l’abrogazione del Catalogo che gli consentiva un controllo preventivo e assolutistico sulla materia. La formulazione dell’articolo 13 della 157 era già stata modificata dal decreto legge 24 giugno 2014, n° 91 convertito nella legge 11 agosto 2014, n° 116, dunque nessuno avrebbe potuto usare a caccia le b7 con più di 2 colpi nel caricatore. Non si capisce perché chi si approvvigiona di caricatori che in realtà non sono “maggiorati”, ma normali, debba essere monitorato. D’altra parte il viceministro risponde parzialmente o per niente sull’aggravio di lavoro degli uffici e sulla rilevanza ai fini della sicurezza sociale…

6. Le cosiddette “armi di somiglianza militare” (b7 per la direttiva europea) saranno escluse dal novero delle armi da caccia. È una distinzione puramente lessicale ed estetica (non c’è differenza sostanziale tra una carabina per caccia e una di queste). In Italia non esiste un porto d’armi sportivo, in generale, e tali armi vengono usate per diletto e per praticare gli sport della Federazione italiana tiro dinamico sportivo (associata al Coni). La limitazione incide pesantemente anche sul diritto di proprietà degli appassionati, che si troveranno armi svalutate e perciò invendibili.

«Come nella stessa domanda è posto in rilievo le armi b7, lungi dall’essere idonee alla caccia, hanno come normale destinazione l’impiego in poligono e per praticare gli sport della Federazione italiana tiro dinamico sportivo. L’esclusione dall’impiego venatorio comporta la non applicabilità dell’articolo 37, comma 2, della 11 febbraio 1992, n.157 che stabilisce che i fucili da caccia sono detenibili in numero illimitato. A partire dalla entrata in vigore della disposizione tali armi potranno essere detenute nel numero di tre, se comuni, e sei, se sportive, o poste in collezione con divieto di detenzione del relativo munizionamento. Non viene inciso il diritto di proprietà di tali armi degli appassionati. Con disposizione transitoria si è riconosciuto a costoro di continuare a detenerle senza doverle porre in collezione».

“Lungi dall’essere da caccia” è affermazione che grida vendetta, ma la dice lunga sulla voglia di approfondire del ministero. Non sono pochi, per esempio, i cacciatori che usano semiautomatiche come Sks o Saiga che non sono tecnicamente così diverse dalle semiautomatiche nate espressamente per la caccia come le varie Browninig Bar, le Haenel Slb 2000, le Merkel Sr1e le Benelli Argo. Il viceministro sembra non comprendere anche la questione della svalutazione di tali armi.

7. L’intervento di decretazione d’urgenza incide pesantemente anche sugli interessi della produzione nazionale di armi civili e sportive. Si tratta di 2.200 aziende, che danno lavoro a 11 mila addetti, per un giro d’affari che supera il mezzo miliardo di euro (mezzo punto di Pil). Se anche queste aziende (per fortuna) esportano gran parte della loro produzione, non crede che ci possano essere ripercussioni economiche e occupazionali?

«La disciplina relativa alla circolazione delle armi è da sempre oggetto di interventi legislativi volti a contemperare le esigenze degli appassionati con quelle della pubblica sicurezza con conseguenti ricadute sulle attività imprenditoriali. Tuttavia l’intervento normativo in oggetto riguarda un segmento determinato e limitato trattandosi per lo più di armi provenienti da dismissioni di arsenali esteri».

Chi avrà raccontato al viceministro che il mercato delle b7 è costituito “per lo più di armi provenienti da dismissioni di arsenali esteri”: delle circa 700 b7 oggi censite dal Banco di prova, sarebbe interessante studiare la provenienza. Al solito, incompetenza tecnica e supponenza. Sulla copertina del fascicolo scorso c’era un bel b7 prodotto da Breda. Di “somiglianza militare” certo, costruito nel 2015 in Italia, come tanti ormai lo sono perché è una carabina “di moda” in tutto il mondo. Nasce semiautomatica, non può essere trasformata a raffica, se non commettendo un reato anche grave.

8. Dopo la revisione dei porti d’arma del 2003 (a seguito del caso di cronaca Calderini) l’allora ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu dichiarò la “sostanziale affidabilità” dei detentori. Pensa che dopo dieci anni le cose siano cambiate?

10. La realtà è che, secondo la relazione di performance del Suo ministero, con riferimento ai reati contro la persona del 2013, 535 sono stati i soggetti tratti in arresto per omicidio consumato o tentato. Le persone tratte in arresto per reati connessi alla detenzione di armi ed esplosivi sono state 221; è stato operato il sequestro di 310 armi, di cui 209 pistole, 87 fucili, 10 pistole mitragliatrici e 4 fucili mitragliatori, nonché di 8 ordigni esplosivi e 85 detonatori, oltre a circa kg 930 di esplosivo. Sono tutti numeri in decremento rispetto agli anni precedenti. Dunque dov’è il problema delle “troppe armi in circolazione”, quando poi le armi con cui si commettono i crimini sono perlopiù di provenienza illegale

«Le norme in discussione si pongono la finalità di un maggior controllo sulla circolazione di armi altamente pericolose. Il quadro statistico dei reati a mezzo armi conforta nel continuare in una efficace attività preventiva».

Il quadro statistico non può confortare, perché è solo statistica. Importante però: spiace notare come la scienza statistica sia “piegata” alla ragion di Stato. Anche sul termine “altamente pericolose” non si può essere d’accordo. Non sono le armi pericolose, semmai i criminali che le usano. E in genere usano quelle di provenienza illecita: c’è una statistica anche per questo. Ma al ministero senz’altro non può interessare.

9. Invece oggi, anche a causa di quanto accaduto recentemente al palazzo di giustizia di Milano, si respira un clima immotivatamente penalizzante e un’ondata emozionale negativa nei confronti dei cittadini cacciatori, tiratori, appassionati e collezionisti di armi. Non crede che nel caso di Milano, le responsabilità vadano cercate altrove e non certo nel supposto “eccessivo numero di armi in circolazione”?

«Quando succedono tragedie come quelle di Milano è ovvio che si verifichi un’ondata emotiva che porta, in alcuni casi, ad esprimere valutazioni sommarie. Naturalmente, l’accertamento dei fatti e delle responsabilità è cosa diversa dall’ondata emotiva spesso cavalcata dai media. Il dibattito sulla circolazione delle armi non è una cosa legata solo agli episodi recenti, è una questione seria, importante, e come tale va affrontata, al netto di strumentalizzazioni ed emotività».

Ecco, il mondo delle armi è contrario a “valutazioni sommarie”, anche se poi sono quelle cui viene sottoposto abitualmente, anche da parte del ministero dell’Interno, salvo poi sentirsi giudicare alla fine di istruttorie anche impegnative e dolorose, “sostanzialmente affidabile”.

11. Crescono le licenze di porto di fucile per uso Tiro a volo, ma calano contestualmente quelle per caccia e quelle per difesa personale e i nulla osta al trasporto di armi. Perché pensare, come scrive qualche quotidiano benpensante, che ci sia qualche trucco?

«Con riferimento al tiro a volo, che peraltro si registra stabile tra 2013 e 2014, effettivamente è un titolo sessennale per acquistare armi senza dover volta per volta ottenere il nulla osta all’acquisto del questore. Inoltre, tale licenza consente il trasporto delle armi comuni da sparo fino 6, senza avviso di trasporto. Infine, diversamente dalla licenza di caccia, non prevede pagamento di tasse di concessioni governative, né tantomeno il conseguimento dell’abilitazione venatoria. Quindi è strumento più agevole e rispetto al quale, così come anche per le altre licenze di porto d’armi, non si escludono possibili interventi normativi al fine di limitarne la portata».

È interessante notare come la differenza tra le due licenze, che non è oggettivamente nei requisiti, per il viceministro si sostanzi nel pagamento di una tassa o in un esame che prevede il riconoscimento della fauna selvatica cacciabile. Dunque se si paga e si conoscono gli animali, si è più affidabili? E la licenza è meno “agevole”. Che chiedano meglio agli uffici sul territorio se è agevole l’indagine di polizia per il rilascio di qualsiasi licenza in fatto di armi…

12. Non ritiene che sia il caso di mettere mano alla materia con una legge quadro aggiornata, finalmente chiara, facilmente comprensibile e applicabile, che però nasca salvaguardando i diritti acquisiti e sentendo tutte le parti coinvolte?

«Avviare una riflessione sull’attualità della legge quadro credo possa essere sempre utile e, naturalmente, è un percorso che deve essere fatto con il contributo di tutte le parti interessate».

Una nuova legge quadro deve essere modellata sulla direttiva europea. Comunque non possiamo che auspicare ragionevolezza e competenza. Soltanto con il contributo di queste doti morali (insieme con quello di tutte le parti) si può fare un “quadro” realistico e serio della questione. Le risposte di Bubbico non ci lasciano fiduciosi.