Imprenditore sparò per difendersi, condannato

L’imprenditore vicentino che sparò, ferendoli gravemente, a due nomadi sorpresi nella sua azienda nottetempo a rubare, dopo che lo avevano minacciato con due spranghe, è stato condannato a un anno di reclusione (con la condizionale) e al pagamento di un risarcimento di 120 mila euro. Il giudice non ha, infatti, riconosciuto la sussistenza della legittima difesa

L’imprenditore vicentino che sparò, ferendoli gravemente, a due nomadi sorpresi nella sua azienda nottetempo a rubare, dopo che lo avevano minacciato con due spranghe, è stato condannato a un anno di reclusione (con la condizionale) e al pagamento di un risarcimento di 120 mila euro. Il giudice non ha, infatti, riconosciuto la sussistenza della legittima difesa.

"La legittima difesa", ha commentato il noto avvocato Ugo Ruffolo, "e lo ‘stato di necessità’, sono categorie etiche prima che giuridiche. Entrambe rappresentano la sola giustificazione morale, secondo le radici giudaico-cristiane della nostra cultura, alla lesione della vita altrui. I nostri codici consentono, quale extrema ratio, di uccidere l’aggressore (per difesa), o persino di sottrarre l’unico salvagente ad un altro naufrago (per necessità). La reazione difensiva, certo, deve essere attuale e proporzionale. È un criminale chi spara al ladro che scappa. Ma non chi spara a quello che irrompe con protervia accanto al talamo, o che, sorpreso a rubare, non fugge ma si rivolta brandendo spranghe. Come nel nostro caso. Perché l’art. 52 cod. pen., riformato nel 2004, consente ora la legittima difesa anche dei "beni… quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione". Si è spostato in avanti, ma resta labile, il confine fra legittima difesa ed eccesso colposo d’essa. Se lo si supera si è rovinati: la condizionale evita il carcere, ma la condanna risarcitoria, per una vita distrutta o, peggio, menomata, è spesso milionaria. È questo il rischio più grave per l’imprenditore vicentino che ha sparato (la provvisionale di 120 mila euro è solo una anticipazione). Non conosciamo i fatti e le carte processuali. È facile intuire che abbiano influito negativamente i quattordici colpi sparati. Ma difendersi contro chi ti minaccia con spranghe, a casa tua, legittima certo una difesa armata. E, se non sei un tiratore professionista, è facile che sotto stress, davanti alle sagome aggressive incombenti, tu prema, disperato, istericamente il grilletto, svuotando il caricatore. Tu hai la pistola, ma quelli le spranghe. E due contro uno. Temi d’essere disarmato e sprangato a morte. Una singolare considerazione. Se quei ladri fossero stati invece sbranati da cani lasciati liberi in cortile, nessuno sarebbe stato condannato (è successo più volte). Eppure, i cani feroci sono più pericolosi e meno selettivi delle pistole. Due pesi e due misure? Sulla legittima difesa, così, i giudizi sono talora falsati da pregiudizi? È vero, per il furto non c’è pena di morte. Ma la licenza di rubare, sprangando i proprietari non consenzienti, non è ancora un diritto".