Hit show “desta scandalo” in chiesa?

Una commissione della diocesi di Vicenza ha criticato la fiera Hit show, che si svolgerà nella città veneta dal 13 al 15 febbraio. Motivazioni a dir poco superficiali e, come al solito “fuori bersaglio”

Sconcertante la presa di posizione della commissione diocesana vicentina per la pastorale sociale del lavoro che, insieme ad associazioni pacifiste e alcuni cittadini, in previsione della fiera Hit show di Vicenza ha sottoscritto un appello su "modalità educative, aspetti relazionali, regole e stili di vita che la mostra potrebbe suscitare". In altre parole, secondo i firmatari, Hit show "rischia di legittimare la cultura della violenza".

In particolare a destare “scandalo” è il fatto che la fiera non sia riservata agli operatori professionali, ma sia (ohibò) aperta al pubblico e, in particolare, anche ai minori, seppur accompagnati. "Sembra prevalere una logica di mercato che giustifica il business senza preoccupazioni etiche. È questo che vogliamo dare alle future generazioni? Vogliamo formare i ragazzi proponendo un'identità che vede il possesso di un'arma come forma di sicurezza e difesa? Noi crediamo nell'importanza di educare alla non violenza e nella relazione positiva con l'altro".

L’educazione alla non violenza è sacrosanta, per carità. Però, a volte sarebbe anche opportuno avere almeno una pallida idea di ciò di cui si sta parlando. Per esempio, potrebbe essere d’aiuto sapere che Hit show è una fiera dedicata alla caccia e allo sport. Per quanto riguarda la caccia, la "legittimità" cristiana della sua pratica si rinviene nella genesi, nel levitico, nei vangeli e negli Atti degli apostoli, senza contare (cosa che non sarà mai ricordata abbastanza) che vi sono stati papi accaniti cacciatori, così come tantissimi curati di campagna (alcuni dei quali tuttora lo sono). Gli sport del tiro invece, che hanno dignità olimpica, vengono praticati anche a livello juniores, cioè anche dai giovani di 16 anni e il tiro con aria compressa può essere esercitato nei Tsn a partire dai 10 anni di età compiuti. Siamo abbastanza sicuri che educare un giovane ai valori degli sport del tiro, che coniugano virtù altissime come l’impegno e l’abnegazione alla conoscenza e al rispetto di uno strumento potenzialmente pericoloso come una macchina, una moto, un arco, un giavellotto o mille altri strumenti sportivi, non sia cosa di cui vergognarsi ma, anzi, di cui essere fieri. Così come siamo certi che alcuni dei firmatari di questo becero “appello”, qualche anno fa hanno applaudito la medaglia d’oro conquistata a Londra da Jessica Rossi, evidentemente senza minimamente chiedersi come potesse una ragazza di vent’anni arrivare a conquistare l’olimpo dello sport. La violenza è una brutta cosa, ma anche la superficialità non scherza…