Gewehr 41 (W): nata sotto una cattiva stella

Prima carabina semiautomatica di grande serie della Wehrmacht, non fu mai molto amata dai soldati per la non eccelsa affidabilità. Prodotta per meno di tre anni, ora è un raro pezzo da collezione. Tester d'eccezione per questa prova, Vigilio Fait

Nonostante si sia portati ad associare il fante tedesco alla carabina bolt-action Mauser 1898, prodotta nelle varie versioni in milioni di esemplari fino alla fine della seconda guerra mondiale, l'esercito tedesco manifestò un interesse notevole nei confronti dei fucili semiautomatici ben prima di quanto si possa pensare.
I primi esperimenti, condotti da Paul Mauser in persona (e che, nel 1901, gli costarono l'occhio destro), risalgono infatti alla fine del XIX secolo allorché il kaiser Guglielmo, profondamente impressionato dalla pistola Mauser C96, richiese all'inventore di predisporre un fucile semiautomatico che utilizzasse la munizione d'ordinanza tedesca 8×57.
La guerra del 1915-1918 vide gli aviatori tedeschi fare i conti con i complessi meccanismi dei primi semiautomatici prodotti in serie, il Mauser 1916 e il Mondragon (denominato flieger-selbsladekarabiner 1915). Si trattava, però, di armi prodotte in piccola serie per le necessità di reparti specializzati, ben lontane dal sostituire il Mauser 1898.
La sconfitta della triplice alleanza non arrestò gli studi per la costruzione di un fucile semiautomatico che potesse sostituire le carabine a ripetizione, che proseguirono con alterne fortune negli anni Venti e Trenta.
Mentre, però, la maggior parte dei Paesi che si dedicava seriamente alla costruzione di carabine semiautomatiche (Unione Sovietica, Cecoslovacchia, Stati Uniti) si era orientata verso un sistema di ripetizione a recupero di gas, in Germania si cercava pervicacemente di utilizzare sistemi a canna rinculante o, comunque, non a presa di gas.
Questo perché i tecnici tedeschi ritenevano che, praticando sulla canna il foro necessario al prelievo dei gas, si sarebbero compromesse in modo inaccettabile precisione, velocità alla bocca e durata dell'arma.
La conseguenza fu che il programma di sviluppo di una carabina semiautomatica seriamente affidabile e facilmente riproducibile in grande serie rimase in alto mare fino allo scoppio del secondo conflitto mondiale.

​Il problema, in effetti, fu sottovalutato anche perché le teorie tattiche tedesche dell'epoca consideravano poco o nulla la capacità di fuoco esprimibile dal singolo soldato, quanto piuttosto la capacità di fuoco del reparto. In quest'ottica, la "forza motrice" del gruppo era data prevalentemente dalle mitragliatrici e l'apporto delle armi individuali era considerato relativamente trascurabile.
Nel 1940, a guerra già iniziata, l'ufficio approvvigionamenti dell'esercito (Heereswaffenamt) diramò un capitolato nel quale specificava i requisiti minimi richiesti per valutare i progetti relativi a fucili semiautomatici. Il più importante era, ovviamente, che l'arma doveva essere in grado di sparare la cartuccia 8×57 standard. Inoltre si richiedeva che la canna del fucile non avesse fori per il prelievo dei gas, che l'arma non avesse parti esterne in movimento durante lo sparo e che, in caso di inceppamento o rottura del sistema di ripetizione semiautomatico, potesse essere possibile utilizzare l'arma a ripetizione ordinaria, con una procedura del tutto simile a quella utilizzata sul Mauser K98.
Il capitolato fu indirizzato alla Mauser, alla Walther, alla Krieghoff e alla Rheinmetall, ma solo le prime due aziende risposero con l'allestimento di prototipi. Le due armi avevano in comune il sistema di presa di gas, ispirato al progetto del danese Søren H. Bang, il serbatoio fisso della capacità di dieci colpi e la possibilità di montare la baionetta standard del K98. Per il resto, non potevano essere più diverse: il progetto Mauser, in particolare, aveva l'otturatore collegato a un cilindro con una manetta di armamento simile a quella del Mauser K98.
Per mettere il colpo in canna, si sollevava il manubrio e si arretrava il cilindro, lo si spingeva nuovamente in chiusura e si abbassava il manubrio, esattamente come in un bolt-action.
Il progetto Walther, invece, si avvaleva di un classico portaotturatore con la manetta fissa: per armarlo, quindi, era necessario arretrare la manetta e rilasciarla. Il primo contratto, di 5.000 esemplari per ciascun progetto, fu stipulato nel 1941: i prototipi furono, pertanto, denominati Gewehr 41(W) e Gewehr 41(M).
Nonostante il progetto Mauser fosse molto più rispondente alle regole del capitolato dell'Heereswaffenamt, l'arma era delicata, scarsamente affidabile e lenta da produrre: alla fine di gennaio 1942, solo 1.673 carabine del contratto erano state consegnate, mentre nello stesso periodo la Walther era riuscita a consegnare tutte e 5.000 le armi richieste.
Il progetto Walther era più promettente, ma fu ugualmente stipulato un secondo contratto con entrambe le aziende per altre 5.000 armi.
Il destino della creatura Mauser era comunque segnato e, nel dicembre del 1942, il prototipo Walther fu ufficialmente adottato come Gewehr 41 tout court.
Il suffisso (W), comunque, aveva già cominciato a essere omesso nelle stampigliature delle armi allestite durante il secondo contratto, approssimativamente tra il numero di serie 7.065 e 7.500.
Oltre che dalla Walther (che apponeva sulle armi il codice "ac"), la costruzione dell'arma fu appaltata anche a un'altra azienda, la Berliner lubecker maschinenfabrik (codice "duv"). L'arma, comunque, non fu ritenuta del tutto soddisfacente: quando i primi esemplari raggiunsero, finalmente il fronte orientale, i soldati osservarono con rabbia che i malfunzionamenti e gli inceppamenti erano molto più frequenti rispetto a quelli riscontrati con le carabine Tokarev Svt 40 di preda bellica, impiegate con successo dalla Wehrmacht fin dalle fasi iniziali dell'operazione Barbarossa. Per questo, gli studi furono portati ulteriormente avanti, fino all'adozione del Gewehr 43. Il nuovo fucile utilizzava la stessa azione del G41, ma aveva un nuovo sistema di presa di gas (ispirato, guarda caso, a quello del Tokarev) e un caricatore amovibile. L'assemblaggio degli ultimi G41 fu completato nel 1944, ma poiché non sono note culatte punzonate con date successive al 1943 è probabile che la produzione delle parti staccate si sia conclusa proprio nel 1943.
Il Gewehr 41 (W) è un fucile semiautomatico a sottrazione di gas e pistone a corsa corta.
Il cuore del sistema è costituito da due insiemi distinti: il sistema di chiusura e il gruppo di presa gas. Quest'ultimo è costituito da un cilindro cavo, investito sull'ultimo tratto della canna. Anteriormente, il cilindro è chiuso da un tappo di forma troncoconica, forato al centro per il passaggio del proiettile. Quando il proiettile esce dalla canna, una parte dei gas di sparo viene intrappolata all'interno del tappo troncoconico e spinge violentemente all'indietro un pistone anulare che scorre intorno alla canna. Il pistone va a spingere, a sua volta, un'asta di rinvio (dotata di una propria molla di recupero), posta sopra la canna e occultata dal copricanna, che spinge all'indietro il portaotturatore.
Il sistema di chiusura si avvale di un otturatore, dotato di due alette frontali contrapposte basculanti, di un portaotturatore e di un cuneo. Quando l'otturatore è in posizione di chiusura, le alette frontali sono completamente fuori dalla loro sede e si inseriscono all'interno di opportune cavità nella culatta, bloccando stabilmente il cilindro. Le alette non possono rientrare all'interno dell'otturatore perché dentro quest'ultimo c'è un cuneo (attraversato dal percussore) che non consente libertà di movimento alle alette.
Quando l'asta di rinvio del sistema di presa gas spinge il portaotturatore, quest'ultimo, mediante un dente, trascina all'indietro il cuneo: a quel punto, le alette sono libere di ruotare all'interno dell'otturatore, liberandolo. Quest'ultimo comincia ad arretrare, trascinato dal portaotturatore, estraendo ed espellendo il bossolo sparato. La molla di recupero sospinge il tutto nuovamente in avanti, a prelevare una cartuccia dal caricatore sospingendola in canna.
Quando il portaotturatore giunge alla fine della sua corsa, riporta in avanti il cuneo, che forza l'uscita delle alette ripristinando la chiusura. Il sistema di presa gas fu uno dei particolari più criticati, tanto è vero che il successivo Gewehr 43 ha una chiusura praticamente invariata, ma una presa di gas completamente riprogettata.
In particolare, possiamo osservare che il pistone scorre intorno alla canna, cioè intorno al particolare che più si scalda durante lo sparo. La dilatazione termica, unita alla sporcizia e all'accumulo dei residui di sparo, può causare interferenze alla corsa del pistone.
Il fatto che il prelievo di gas avvenga nel punto più lontano dalla culatta, poi, fa sì che i gas siano relativamente più "lenti" e "freddi" rispetto a quando percorrono la prima metà della canna.
In conseguenza di ciò, i depositi di residui carboniosi sono più consistenti, perché il getto di gas della cartuccia non ha la forza di pulire i residui lasciati dalla cartuccia precedente.
La cartuccia standard tedesca, poi, aveva l'innesco corrosivo, quindi era più che mai importante una scrupolosa pulizia. A dire la verità, noi abbiamo trovato molto agevole la manutenzione del gruppo di presa gas, senz'altro più agevole di quanto non sia pulire quello di un Tokarev o di un Gewehr 43.
Anche la chiusura, però, merita una parola: il sistema ad alette frontali basculanti è ingegnoso, ma ha (a nostro avviso) qualche punto debole. Se, infatti, la superficie resistente delle alette è generosamente dimensionata, i codoli integrali a queste ultime, che servono da fulcro per la rotazione all'interno dell'otturatore, sono relativamente sottili.
Abbiamo potuto esaminare personalmente un Gewehr 43 che, nel corso di una sessione di tiro con munizionamento commerciale, ha appunto subito la frattura di entrambe le alette nel punto di giunzione tra i codoli e la superficie destinata a inserirsi nella culatta. Questo sarà anche stato dovuto allo scadimento qualitativo dei materiali utilizzati (l'arma era del 1944, una pessima annata per la Germania), tuttavia forse con una chiusura a testina rotante con alette realizzate in un solo pezzo con il resto del cilindro non si sarebbe verificato alcun inconveniente.
L'alimentazione è data da un serbatoio fisso bifilare a presentazione alternata, realizzato in lamiera, della capacità di dieci cartucce. Probabilmente, anche il serbatoio fisso è uno dei responsabili della cattiva fama che quest'arma si è portata dietro, in quanto rimediare a un inceppamento senza poter rimuovere il caricatore è un tantino più complicato (specialmente se hai anche qualcuno che ti sta sparando addosso…).
Il riempimento si effettua dall'alto, dopo aver arretrato l'otturatore. Quest'ultimo è mantenuto in apertura da un piccolo dente interno, comandato dall'elevatore del caricatore. I primi esemplari avevano un pulsante esterno, posto sul lato sinistro della cassa, che consentiva lo sgancio manuale del dente.
Negli esemplari sprovvisti di questo particolare, l'arma si manda in chiusura semplicemente arretrando leggermente l'otturatore e rilasciandolo. Il riempimento del serbatoio può essere effettuato a mano, colpo per colpo, oppure per mezzo delle piastrine di caricamento standard da cinque colpi previste per il K98.
Sul portaotturatore, dal lato opposto alla manetta di armamento, c'è un cursore zigrinato che serve per arrestare in apertura l'otturatore anche se il serbatoio non è vuoto. Il comando è utile anche per procedere allo smontaggio. Gli organi di mira sono concettualmente simili a quelli applicati sul K98 standard: un mirino a lama, regolabile in derivazione, protetto da un tunnel in lamiera e un alzo a tangente regolabile a ettometri da 100 a 1.200 metri.
La finestra a "U" della tacca è molto fine, il che aiuta nel tiro mirato ma crea qualche difficoltà nel puntamento istintivo.
Il gruppo di scatto è piuttosto semplice, con un cane interno armato dal moto retrogrado dell'otturatore. La sicura è costituita da una leva a "L" posta al centro dell'estremità posteriore del castello. Per inserirla deve essere ruotata di 180°.
I primi esemplari di G41 avevano il dispositivo della sicura congegnato in modo tale che, ruotando la leva, si sforzava il meccanismo di scatto, con conseguenti frequenti rotture.
Nel corso della produzione, il dispositivo è stato conseguentemente modificato.
Immediatamente al di sopra della leva a "L" si nota un pistoncino cilindrico: è il pulsante che serve per rimuovere, dopo aver arretrato l'otturatore, il complesso portaotturatore-otturatore-guida posteriore, per lo smontaggio ordinario. ​Per la prova a fuoco dell'arma, svoltasi presso il poligono di Rovereto (Tn), abbiamo potuto usufruire della collaborazione di un tester d'eccezione, il campione di pistola Vigilio Fait. Nonostante sia famoso per le sue prestazioni con l'arma corta, Fait è un grande appassionato di carabine Ex ordinanza è si è prestato volentieri per i nostri esperimenti.
La prova di tiro è stata effettuata con munizioni commerciali Winchester con palla di 170 grs Power point, sulla distanza di 200 metri con arma in appoggio anteriore.
Nonostante il difficile profilo delle palle Winchester (il "naso" in piombo scoperto è mal digerito anche da molti semiautomatici attuali), l'alimentazione è risultata impeccabile, così come il funzionamento dei cinematismi di sparo: nessun inceppamento, nessuna esitazione, nessuna incertezza.
I bossoli non hanno riportato deformazioni anelastiche significative, né apprezzabili segni di affumicatura.
L'espulsione è risultata potente e regolare, in grado di scagliare il bossolo circa due metri in alto e tre metri verso destra.
Lo scatto in due tempi, tipicamente militare, non è risultato penalizzante, tanto che il nostro campione è riuscito a piazzare tre colpi in 60 mm a 200 metri dopo soli due colpi di rodaggio.
Il rinculo è avvertibile, ma non fastidioso e, almeno sparando in appoggio, si scarica in modo assolutamente rettilineo, senza quindi alcun rilevamento della parte anteriore.
Almeno nel nostro esperimento, quindi, il fucile ha osservato un comportamento più che apprezzabile, ma va sottolineato che l'arma era praticamente nuova e perfettamente pulita.
Per l'appassionato di armi militari della seconda guerra mondiale, il Gewehr 41 è uno dei pezzi più interessanti, sia per la sua rarità (nonostante le cifre ufficiali parlino di oltre 100.000 pezzi prodotti, è ben difficile trovare esemplari di quest'arma anche nelle più fornite collezioni) sia per le originali soluzioni tecniche utilizzate.
La qualità della lavorazione, poi, è ancora ben lontana dallo scadimento registrato nel corso della produzione del Gewehr 43, il che gratifica l'occhio e la sicurezza di utilizzo nel corso di morigerate e sporadiche prove di tiro.

​L'articolo completo è stato pubblicato su Armi e Tiro – febbraio 2003
Produttore: Walther, Berliner lubecker maschinenfabrik
Modello: Gewehr 41 (W)
Tipo: carabina
Calibro: 8×57 Js
Funzionamento: semiautomatico a presa di gas con pistone a corsa corta
Alimentazione: serbatoio fisso bifilare a presentazione alternata
Numero colpi: dieci
Lunghezza canna: 550 mm (senza gruppo presa gas)
Lunghezza totale: 1.150 mm
Peso: 5.000 grammi
Percussione: cane interno
Sicura: a leva sul fusto
Mire: alzo a tangente con regolazione in elevazione da 100 a 1.200 metri, mirino a lama regolabile in derivazione su tunnel
Materiali: acciaio al carbonio
Numero del Catalogo nazionale: 8.483 (arma da caccia)